Intervista a Franco Berardi _Trent’anni di mediattivismo: “Skizomedia”.
L’argomento principale trattato è il “mediattivismo”. Con questa parola si intende il rovesciamento del rapporto di ricezione che caratterizza la comunicazione; i mediattivisti intendono rendere attiva la comunicazione di massa (altrimenti passiva), in modo da non accettare tutto quello che viene proposto, senza critica personale, empatia e rielaborazione individuale. Questa definizione entra a far parte del lessico della politica e della cultura mediatica, quando nel 1999 con la rivolta di Seattle, il Global Riot, migliaia di persone con i loro strumenti di registrazione audiovisiva invasero per diversi giorni la scena mondiale, con un’assemblea virtuale contro il potere delle corporation economiche e la globalizzazione. La globalizzazione è un tutt’uno con la trasformazione digitale e telematica, e non si può pensare di fermarla, perché comunque sia rappresenta la possibilità di libertà, di distribuzione della ricchezza e riduzione del lavoro. Quello che si può e si deve fermare è il dominio del capitale (di pochi) sulle tecnologie e sul loro uso (che dovrebbero essere di tutti). Il fenomeno del mediattivismo inizia ad essere sperimentato a partire dal 1964, con il free speech movement di Berkley, poi nei primi anni ’70 con la controinformazione fino alla nascita delle prime radio libere in Italia e in Francia. Prosegue con le fanzine (dall’inglese, termine con cui si intendono quei periodici specializzati su un preciso settore, a basso costo e a tiratura limitata) punk negli anni ’80 e il conseguente emergere del Cyberpunk, arrivando fino ad oggi con l’avvento delle telestreet per una comunicazione indipendente. La grande diffusione degli strumenti tecnologici dell’immagine e del suono, dagli anni ’70 accessibili alla maggior parte della popolazione giovanile, hanno reso possibile la nascita di Radio Alice. Concepita a Bologna nel 1975, la radio inizia a trasmettere il 9 febbraio 1976 sulla frequenza fm 100.6 mhz, utilizzando un trasmettitore militare e senza avere un palinsesto di riferimento; il suo studio è un appartamento nel centro di Bologna. La piccola emittente radiofonica dell’“ala creativa” del movimento studentesco vuole rappresentare la possibilità di avere una “comunicazione liberata”, per cui viene presa la decisione di aprire il microfono a chiunque per trasformare la radio in strumento di produzione culturale, anche attraverso l’organizzazione di concerti e raduni giovanili. Il grande interesse suscitato da Radio Alice a Bologna e in tutta Italia, si collega al Movimento del ‘77, un’ondata di proteste giovanili che ebbe i suoi epicentri a Roma e a Bologna. La radio viene chiusa dai carabinieri il 12 marzo 1977 con l’accusa di aver diretto via etere i violenti scontri che hanno portato all’uccisione dello studente Francesco Lorusso per mano della polizia. I redattori della radio che non riescono a fuggire durante l’irruzione negli studi vengono arrestati e gli apparati di trasmissione distrutti. È la prima volta nella storia che una emittente radiofonica viene soppressa per mano militare. Radio Alice riapre circa un mese dopo e continua le trasmissioni per ancora un paio d’anni, ma senza gli originali fondatori e Radio Radicale ne ha preso poi il posto. Oggi è l’Infosfera l’ambiente in cui circolano le informazioni provenienti da numerose fonti: le tecnologie di comunicazione la modellano, apportando modifiche sull’individualità dei singoli, trasformandoli in un unico e indifferenziato organismo. La diffusione di Internet, nella prima metà degli anni ‘90, sembrò l’inizio di un processo di liberazione del Mediascape (il panorama dei media: l’insieme dei flussi di informazione che provengono e sono visibili da tutto il mondo). In realtà tutto ciò che passa attraverso lo schermo non coinvolge l’utente, fa diventare la comunicazione qualcosa di piatto ma che comunque influenza lo stato d’animo collettivo e insinua nella mente pensieri, idee e convinzioni che non appartengono per forza a quell’individuo. Quello che i mediattivisti si propongono di fare è modificare e ribaltare questo stato di cose. Dentro la parola stessa “media-attivismo” c’è una contraddizione: il medium è uno strumento che pone chi se ne serve in una condizione di mediazione e passività. Quindi come può diventare attivo chi usa gli strumenti del mediare, del passivizzare? Il mediattivismo può essere anche inteso come un progetto di psicoterapia della mente collettiva, rivitalizzazione della sensibilità e riattivazione della capacità di distinguere tra reale e simulato che la mediatizzazione ha sempre più portato alla cancellazione. L’uomo pre-elettronico ha ricevuto solo una piccola parte delle informazioni dai media, e nel corso dell’esistenza la grande maggioranza delle conoscenze gli sono state trasmesse dai genitori, o comunque dalle persone che ha incontrato durante la sua vita. Al contrario le generazioni video-elettroniche ricevono dai media la grande maggioranza delle informazioni e la fisicità è stata eliminata, separata e allontanata dal corpo fin da piccoli. Questa generazione, oggi adulta, ha sì acquisito la capacità di muoversi in modo molto veloce in un universo fittissimo di segni visuali, ma non è in grado di personalizzare informazioni ricevute e sentimenti che si possono provare. A differenza delle altre generazioni non ha goduto dell’affetto e delle carezze materni e di conseguenza un altro aspetto del mediattivismo è quello che ha il compito terapeutico nei confronti di queste persone. I media portano a conoscenza di molte informazioni, forse anche troppe, per cui una persona non ha né il tempo né la curiosità di approfondire: tante nozioni senza sapere se veritiere o meno e senza volontà di farsi un’opinione propria. Le emozioni non si vivono più, perché ci vuole tempo (che non c’è) per elaborarle, e diventa tutto bello ma freddo e asettico, senza calore, senza contatto e di conseguenza si sviluppa la patologia dell’emozionalità. Patologia che ha a che fare con il bisogno di ognuno di fisicità, di relazione tra corpi che però diventa difficile e imbarazzante da realizzare, e il rituale spersonalizzato e ripetuto con ossessività prende il posto del piacere. Poiché si rischia che l’autonomia personale venga cancellata e la creatività intellettuale rinviata a tempi successivi che non verranno mai, i media non vanno solo subiti ma usati in modo consapevole, senza farsi troppo coinvolgere. Il semplice subirli porterebbe a perdere il carattere di singolarità creativa, di processualità condivisa, per diventare semplice esecuzione di piccoli gesti ricombinabili. Si smarrirebbe la capacità di immaginare creativamente, perché siamo continuamente bombardati dai messaggi che ci lanciano i media.
Resoconto dell’intervista a Franco Berardi, tenuta all’Accademia di Belle Arti di Carrara il 24 gennaio 2008:
Secondo Franco Berardi Radio Alice non avrebbe lo stesso impatto sociale al giorno d’oggi, in quanto era l’unica emittente, mentre adesso ce ne sono tante tra cui scegliere. L’azione di Radio Alice avrebbe potuto essere più efficace, soprattutto dopo la fase più calda, con la creazione intorno ad essa di una rete di emittenti capaci di affrontare il passaggio successivo, ovvero quello della televisione. Parlando di sé racconta che dopo la laurea in estetica, si è occupato di letteratura sperimentale e ciò che in quegli anni lo interessava era l’arte e il movimento degli studenti e degli operai. Negli anni ’80 è stato a lungo in California, dove ha seguito la formazione della Rete Telematica, ma soprattutto della Cybercultura. Nel 1994 all’interno della struttura dell’Università di Bologna “Consorzio Università Città”, ha organizzato il Convegno Internazionale “Cibernauti”, un convegno di discussione su internet. Nel 1996 sempre l’Università di Bologna gli ha chiesto di realizzare il progetto per la creazione del Museo Virtuale tra le nove città della Cultura Europea del 2000, di cui Bologna faceva parte. Il progetto consisteva nel mettere nei musei di queste nove città una saletta che permette di vedere il contenuto degli altri musei sparsi per il mondo. Il suo pseudonimo “Bifo” è un’abbreviazione ottenuta prendendo la prima e l’ultima lettera del cognome e la prima e l’ultima lettera del nome. Il suo percorso artistico, come teorico, nasce dal rapporto tra arte, comunicazione e movimenti, di cui si è sempre occupato. Inoltre ha scritto romanzi, opere teoriche, politiche. A lui interessa la Net Art intesa come arte del costruire concatenazioni, relazioni tra persone e non solo siti internet; a partire dal 2000 ha iniziato a costruire un ambiente virtuale chiamato “Rekombinant”, uno dei primissimi blog italiani. La più grande opera della Net Art è secondo lui l’insurrezione di Seatlle nel novembre del 1999, nel senso che la costruzione del messaggio, delle forme linguistiche e comunicative ha reso possibile che centomila persone si trovassero nelle strade di Seatlle. Contemporaneamente quattro milioni di persone in giro per il mondo partecipavano a un’assemblea virtuale che è continuata per tre o quattro giorni, stando attaccati al loro computer per prendere parte ad un processo che si svolgeva in un’altra città. La Net Art è l’arte del costruire concatenazioni fra esseri umani distanti che hanno lo stesso progetto esistenziale, politico, artistico, affettivo… Net art e Cyberpunk sono due categorie del tutto differenti, perché Cyberpunk è uno stile artistico, poetico in cui entrano in comunicazione due elementi del tutto diversi: l’elemento “cyber” che è freddo, brillante, tecnologico… e l’elemento “punk”, carnale, violento, rabbioso, dark. Invece la Net Art è tutt’altra cosa, è un fenomeno che si sviluppa nel decennio successivo, che non ha caratteristiche stilisticamente rigide; può essere allegra e triste, disperata e felice, fredda e calda, è la possibilità di collegare in uno stesso progetto esistenziale esseri umani che vivono in posti lontani.
Articolo realizzato da Susanna Giannecchini, Corso Arti Multimediali dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, Teoria e Metodo dei Mass Media 2 – Professor Tommaso Tozzi.
Bibliografia:
Il libro “Skizomedia” di Franco Berardi edito da Derive Approdi,
www.radioalice.org.
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