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Dafne Boggeri – Netmage 2008

studente
25 Feb 2009  
>> arti multimediali e net art, eventi

DAFNE BOGGERI: OPERE E POETICA

Sguardo al NETMAGE 2008 di Bologna:

L’ottava edizione di Netmage festival si è tenuta a Bologna nell’ultima settimana di Gennaio 2008, in concomitanza con Arte Fiera. Un Appuntamento internazionale dedicato alle arti elettroniche, Netmage ha presentato un programma multidisciplinare di opere che offrono un variegato scenario sulla ricerca audiovisuale contemporanea.

Il bando Live-Media Floor, sezione portante di Netmage 08, ha visto la partecipazione di oltre 200 progetti provenienti da 29 diverse nazioni da Europa, Asia, Americhe, Oceania. Le opere audio-visuali selezionate dalla commissione sono state eseguite dal vivo all’interno delle sezioni Live-Media Floor e Mangrovia.
Il programma del Live-Media Floor è stato inoltre arricchito dalla presenza di alcuni ospiti, invitati al di fuori del bando, a completamento di un World-scape visivo ed emozionale che riattraversa tecniche e territori dell’immagine-movimento contemporanea.

Costruito a partire dalle tracce più inquiete rilevate nel bando, l’intreccio delle tre serate si è differenziato nelle tonalità e nell’andamento. Il festival ha avuto inizio con un palinsesto eterogeneo ed esotista, costituito dagli interventi di: Anaisa Franco/Theo Firmo, artisti ispano/brasiliani che presentano una surreale animazione dal vivo, generata da un dispositivo robotico; Overground, duo basato in Norvegia costituito da Jade Boyd/Simona Barbera; la ‘fiction’ realizzata sulle colline hollywoodiane omaggio a Rebel without a cause dall’artista visiva Dafne Boggeri sonorizzata dal trio femminile berlinese cult nella scena queer elettronica Rhythm King & Her Friends; OLYVETTY : il nuovo progetto di environment audiovisuale del duo costituito da Riccardo Benassi e Claudio Rocchetti coprodotto del festival; Chelpaferro, infine, trio brasiliano di punta nella scene artistica internazionale (rappresentanti del padiglione brasiliano alla Biennale di Venezia nel 2005) connotato da un’intensa e riconosciuta attività in campo musicale e performativo con installazioni e live ambient noise.

La seconda giornata è stata aperta da tre interventi che segnalano il riverbero di estetiche noise in zone molto distanti del pianeta, con Ricardo Caballero dal Messico, emiter_franczak dalla Polonia, e Luka Dekleva/Luka Prinčič/Miha Ciglar dalla Slovenia. Un autentico confronto di virtuosisimo esecutivo contraddistingue invece i set di uno dei più eccentrici esecutori di Vj-ing al mondo, l’artista israeliano basato a Berlino Safy Sniper, e del batterista giapponese Dora Video. Incoraggiati dal festival ad una sorta di contest sul limite della relazione suono/immagine, hanno dato vita ad una furiosa tempesta di immagini video, mixate in diretta da macchinari decisamente singolari. Hanno in oltre partecipato l’eclettico dj set di chiusura dell’artista visiva messicana Julieta Aranda, presenza selezionata per Netmage 08 in collaborazione con il magazine Nero.
Ulteriore registro ancora, pur con feedback e affinità elettive con le serate precedenti la serata del terzo giorno si è aperta con due interventi di rielaborazione su rari repertori della cinematografia sperimentale degli anni ’60 e ’70. Partendo con il progetto Rev. 99 realizzato dal newyorkese 99 Hooker e commentato dalla suonatrice di Komungo tradizionale Jin Hi Kim dalla Corea del sud, intervento seguito dalla presentazione dello straordinario reperto audiovisivo di The Joshua Light Show, grande show di expanded cinema e ‘liquid light’ attivo a New York a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 che si accompagna eccezionalmente per Netmage ad un grande ritorno, quello della seminale band newyorchese di elettronica psichedelica Silver Apples. Animata da Joshua White, in collaborazione con Bec Stupak per le luci e Nick Hallett per i suoni, questa performance è uno dei cardini della scena controculturale e di sperimentazione sull’espansione della percezione nordamericana, ed ha accompagnato, fra gli altri, live di Greateful Dead, Jefferson Airplaine, The Who e performance di artisti visivi come Yaoi Kusama. Lo stile minimale di Silver Apples con i suoi beat pulsanti e le sue modalità frequentemente discordanti, ha anticipato non solo certa musica elettronica sperimentale e il krautrock degli anni ‘70 ma anche gran parte della musica dance underground e indie rock dei ‘90. Come le poche altre esperienze di expanded cinema dell’epoca, del Joshua Light è stato possibile ricostruire recentemente qualche traccia grazie alla mostra del Whitney Museum The summer of love. Segue un’altra importante anteprima, il live di Los Super Elegantes, coppia di artisti visivi/musicisti basata a Los Angeles che si distingue per la reinterpretazione di un immaginario musicale latino (al punto da entrare nelle chart nord e sudamericane) ed il fine lavoro, attraverso video, fotografie e performance, sulla rappresentazione ironica e straniata della figura dell’artista visivo contemporaneo.
In fine l’evento si è chiuso con un programma notturno in collaborazione con Il Cassero che ha proposto nuove sonorità berlinesi con Ben Klock e Paul Kalkbrenner.

Tra le novità della ottava edizione del festival abbiamo assistito all’apertura di una nuova sezione dedicata agli esiti più estremi ed eterocliti della sperimentazione elettronica, intitolata Mangrovia.
Mangrovia è un ‘mondo-pianta-giardino’ ma anche un luogo e una sequenza oraria all’interno del festival composto da eventi che abitano un ambiente dedicato ad un ascolto ora contemplativo ora tempestoso, dove, come in un ecosistema ricco e composito, le diversità di generazioni, di provenienze (musicisti, artisti e performer) e di ambiti (musica elettronica, elettroacustica, sound art e arti visive) si sono mescolati creando collaborazioni temporanee ed improvvisate.
Il flusso di interventi, prima in sequenza e poi in jam collaborativa, ha visto i live di Prurient, personaggio di culto della scena noise internazionale; di Demons, progetto audiovisivo radicale dell’artista video Alivia Zivich con Nate Young e Steve Kenney, rispettivamente di Wolf Eyes e di Isis (due band che hanno cambiato la storia recente della scena hardcore internazionale); ed infine del compositore Carlos Giffoni, animatore della scena noise USA e curatore del No Fun Festival di New York, con cui Netmage ha aperto una collaborazione ad hoc. Sempre in Mangrovia manipolazioni di cinema-concreto realizzate dal duo olandese Derek Holzer/Sara Kolster, dagli italiani Mylicon/EN e Nastro Mortal, così come inserti non programmatici e imprevedibili di Pita, figura di riferimento nella scena noise elettronica europea, fondatore delle label austriaco Mego, che si presenta assieme ai visual della vj austriaca Jade, e di altri artisti visivi a sorpresa.
Mangrovia ospiterà durante i tre giorni, anche l’installazione del team audiovisivo berlinese Visomat: un progetto di tridimensionalizzazione della superfice di proiezione, a partire da uno schermo prismatico, riplasmato dalle geometrie elettroniche di un computer. Sempre in Mangrovia, infine, da sottolineare come evento speciale la presentazione di Upic Diffusion (sessioni #16 e #17) a cura del duo Russell Haswell/Florian Hecker, due delle menti più radicali della scena musicale sperimentale alle prese con un tributo alla ricerca di Iannis Xenakis. L’Upic Diffusion è un coinvolgente e potentissimo live di suoni e silenzi, basato sul sistema messo a punto dal mitico architetto e compositore greco, presentato al pubblico con un dispositivo musicale multicanale che diffonde suoni in surround in contemporanea ad un travolgente spettacolo di luci strobo e al laser.

Il percorso percettivo del festival ha compresoe due opere installative che reintrepretano rispettivamente un ambiente sonoro e uno visivo.
Pneumatic Sound Field dell’artista olandese Edwin van der Heide ha accolto il pubblico nel cortile di Palazzo Re Enzo come un cielo di suono artificiale, costituito da 42 valvole pneumatiche che, tramite una serie di patterns ritimici creano una tessitura sono-spaziale a differenti velocità, direzioni e intensità.

Nella sezione performativa, Zapruder filmmakersgroup ha realizzato per il ciclo Daemon, il miraggio di un piccolo cinema anni ’20, in raso e seta plisettati, da cui si origina un gioco di continue mise en abîme tra dentro e fuori lo schermo. Attraverso la tecnica tridimensionale anaglifa, viene veicolato il concetto/ossessione di occhio (occhio cieco, accecato, occhio vorace, occhio rovesciato e bianco…). L’immagine filtrata attraverso appositi occhialini assume la qualità del basso rilievo, le superfici degli oggetti e dei corpi si arricchiscono di una nuova dimensione.

In ultimo è stato possibile assistere alla micro-performance Stillivingrooms di Mirco Santi e Andrea Belfi all’interno di una casa privata, solo su appuntamento. Un delicato gioco di immagini super-8 dagli archivi di film amatoriali di Home Movies: una antologia di interni domestici accompagnata dal vivo con suoni concreti ottenuti da oggetti della vita quotidiana.

Approfondimento sull’artista: Dafne Boggeri.

Dafne boggeri, artista visuale contemporanea, caratterizzata dell’utilizzo di più medium per la comunicazione espressiva: dalla musica elettronica e live alle riprese video di performance. Nasce a Tortona nel 1975, frequentò gli studi superiori dal 1990 al 1995 presso il Liceo Artistico Nicolò Barabino di Genova, per poi trasferirsi a Milano entrando alla scuola Politecnica di Design indirizzo Gestaltico terminando il corso di Visual Design in due anni. La preparazione e il perscorso formativo dell’artista è caratterizzao da due realtà distinte ma profondamente intrecciate nella sua poetica: una realtà riguardante l’esperienza didattica degli studi ed un’ altra nata nel 1990 come street wrighter. Da quell’anno fino al 2000, infatti, Dafne prese parte ad un movimento ancora poco conosciuto in Italia, una forma di subcultura artistica nata direttamente dalla strada, utilizzata come laboratorio, studio e vetrina. Questa forma di comunicazione “rivolta verso l’esterno” creava dinamiche dirette tra uomo e città tramite diverse forme di comunicazione ed interazione come appunto il wrighting, la danza, Mc il djing.
Come possiamo vedere dalle sue opere e come lei stessa afferma: “questa esperienza la considero come uno dei momenti piu’ formativi nel mio percorso”. Proprio per questo ritroviamo delle scelte espressive fortemente legate al mondo suburbano, come per esempio le riprese video di luoghi di Parigi o Los Angeles da angolazioni, punti di vista ed orari completamente inusuali, al fine di svelare le “molecole” che compongono l’organismo della metropoli: il vetro, il cemento, il metallo e la relazione che il singolo ha con esse.
Oppure l’interesse per il corpo come mezzo comunicativo, un corpo senza identità spesso celata da un capuccio di una felpa, o dal taglio della testa tramite l’inquadratura, che sceglie di esprimersi tramite silenziose azioni come passi di brekdance, o riproducendo la danza di un combattimento con il coltello, oppure attraversando parte della città di Parigi a bordo di una BMX.
Il desiderio di ricerca e sperimentazione in quegli anni porteranno l’artista a fondare assieme ad altri coetanei il gruppo Pornflakess, il primo collettivo queer italiano, un progetto basato sulla trasversalità sia teorica che pratica, coinvolgendo più persone in diversi ambienti autogestiti caratterizzati da un etica “umana”. Durante questo periodo di totale sperimentazione Dafne iniziò ad interessarsi alla video-performance, al mixaggio di musica electro ed a dare un nuovo punto di vista alla comunità omosessuale milanese, come l’artista stessa afferma: “troppo spesso omologata”.
Questa occasione di condivisione durò quattro anni, fu anche occasione di visibilita’ e ponte verso i primi progetti con curatori indipendenti e verso un percorso artistico personale che tenne conto di frequenti collaborazioni.
L’evoluzione e la crescita come figura “solista” vennero consolidati con “ASSAB 2004”, la prima mostra che le permise una residenza d’artista di sette mesi al Centre International d’Accueil et d’Echanges des Recollets di Parigi curata da Roberto Pino.
Quell’anno quindi, e questo personale importante evento segnarono effettivamente il cambio di sistema tramite cui entrare in contatto con la realtà esterna.

Descrizione delle opere principali:

-2006 / 12’ / “HIDDEN LINE ON EXPLICIT SURFACE N.01”

Video Performance centrata su un individuo esente da identità, coperto dal cappuccio di una felpa che crea un graffito tramite bombolette spray su di una superficie grezza di legno e cemento. La “potenza” dell’opera risiede nella scelta del colore per il graffito: un grigio molto simile a quello della superficie il quale diventa semplicemente ,essendo poco distinguibile dalla parete, un mezzo di collegamento tra l’aspetto gretto e materiale delle componenti della città ed il comportamento del corpo in relazione con queste.

-2005 / 2’19’’ / “ASH”

Unico elemento dell’azione è una bocca femminile con rossetto scarlatto, ripresa da un inquadratura sul particolare delle labbra mentre vengono strusciate dal dorso della mano.
Ciò porta quindi l’attenzione sul comportamento della bocca e dello spargersi del rossetto sulla parte inferiore del viso, quasi come a volersi ripulire dell’ornamento tramite un gesto autentico, naturale.
Una possibile gesto di ribellione verso il tipico stereotipo femminile contemporaneo.

-2005 / 2’ / “FAT/SOFT/NORMAL/SKINNY”

Ripresa di un corpo a tre quarti “decapitato” dell’inquadratura il quale, tramite l’interazione tra suono e azione, diviene bomboletta-spray conservando la morfologia umana agitandosi e procurando il rumore tipico della biglia metallica.

-2004 / 3’ / “I HAVE LOST MY…”

In quest’ opera l’artista affronta il tema della ricerca trasportandolo alla comunissima azione della ricerca sul proprio corpo o nei propri vestiti, infatti in questo video è rappresentata la solita figura inquadrata escludendo testa e parte delle gambe che cerca freneticamente qualcosa nei suoi vestiti. Questa azione di ricerca costringe la protagonista a spogliarsi dei vari indumenti che indossa dalla giacca alla felpa ad una maglia con cerniera etc, eliminando quindi i suoi “strati” più esterni per “scavare” se stessa al fine di trovare un qualcosa. Di conseguenza può apparire chiaro, semplificato, il tema dell’evoluzione e della scoperta interiore tramite la ricerca, reso quindi diretto, estremamente moderno, quasi consueto.
La performance si conclude con l’inserimento delle mani della protagonista nei suoi pantaloni, e con la comparsa di una scritta: “I have lost my… selfcontrol”.

INTERVISTA:

-Può parlarmi delle sue prime esperienze artistiche e di cosa le ha spinto nella direzione della videoarte e della performance?

Dal 1990 al 2000 ho dipinto come street writer, questa esperienza la considero come uno dei momenti piu’ formativi nel mio percorso. All’epoca questa subcultura era ancora sconosciuta in Italia e aver partecipato dagli esordi a qualcosa di cosi speciale, che coinvolgeva per la prima volta vari campi dell’esprssione creativa (danza, writing, MC, djing) ‘rivolti’ verso l’esterno, verso la strada intesa come laboratorio, studio, vetrina mi ha dato la possibilita’ di vivere intensamente lo spazio ‘intorno’ e condividere strategie simili. Questa esperienza mi porta a considerare spesso di interagire con aree ‘off’ degli spazi espositivi, di dialogare attraverso la rilettura di codici e feticci provenienti da questa e da altre subculture, di mettere il corpo spesso in prima linea, con una approccio ai media libero da schemi, devoto alle tecniche d.i.y./low-fi, che racconta la trasformazione d’identita’, oggetti, parole, situazioni nell’instabile lettura della realta’ che ci circonda.

-Quanto sono stati utili ed incidono attualmente nella sua arte i passati studi presso la scuola politecnica di Design a Milano?

L’esperienza che porto ancora dentro e’ una, collaterale agli studi. Il direttore dell’istituto, che era una persona molto interessante con un grave handicap all’udito e quindi con la conseguente difficolta di esprimersi oralmente, era un grande studioso della teoria della Gestalt (indirizzo sotto cui era il mio corso) e osservare da vicino la sua passione per le forme e il colore mi fa costantemente pensare a quanta forza l’arte e le sue utopie possano generare.

-Dato che utilizza lo strumento video nelle sue opere e vista la sua facilità di diffusione nella rete, cosa pensa riguardo al copyright, al concetto di condivisione e alle reali possibilità di riutilizzo modificato dei contenuti condivisi?

Penso al testo degli anni 30′ di Walter Benjamin :“L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilita tecnica’ o piu’ recentemente al concetto di Postproduction di Nicolas Bourriaud, all’appropriazione del linguaggio pubblicitario della Pop Art come al cut and paste di Richard Prince o al remix concettuale dell’artista Johnathan Monk rispetto alla storia dell’arte o a Candice Breitz rispetto alla storia del cinema e alla musica. Tutti questi riferimenti per cercare di spiegare che anche al di fuori di internet il crash fra immaginari e idee si stratifica, forse tutto e’ iniziato con i collage della Bauhaus…” Credo sia giusto avere una normativa che tuteli il diritto d’autore anche su internet, ma con delle mediazioni. Bisogna considerare che il sistema dell’arte contemporanea è diverso da quello della musica o del cinema, nel sistema dell’arte la firma è ancora un fattore che determina il vero dal falso. Personalmente credo sia importante accreditare il materiale pubblicato su internet e cercare di azzerare i gradi di separazione fra autore e opera linkandoli nel modo più preciso possibile. Amo confidare nella deontologia di chi usa il medium, penso ad esempio alla dinamica di alcuni blog che svolgono un incredibile lavoro di informazione alternativa, altrimenti impossibile da raggiungere… Rispetto all’arte credo che lo spazio “dove finisce l’omaggio’ e inizia il ‘plagio’ sia un territorio talmente relativo alle precise circostanze che sia impossibile da individuare in generale ma che vada valutato ogni volta nello specifico, tenedo conto del corpo del lavoro ‘poetica’ di ogni artista.”

-Ci può parlare dell’importanza della musica dal vivo nei lavori artistici, in particolar modo in riferimento alla sua performance al Netmage, e al lavoro con il gruppo “Rhytm King & Her Friends”?

Non e’ una pratica nuova dall’esperienza da John Cage in avanti, spesso si assiste a concerti di artisti (Martin Creed) o musicisti in art space o ha mostre di musicisti (Lou Reed, Kim Gordon, Patty Smith…) o ancora di artisti che si esprimono rielaborando il linguaggio e l’immaginario musicale come Christian Marclay. In questo senso penso che l’arte contemporanea e la musica continuino a dialogare con momenti di sperimentazione molto interessanti. Un esempio di questa contaminazione e’ Pauline Boudry, componente del gruppo berlinese “Rhythm King & Her Friends”, che oltre ad essere musicista e’ anche artista (Swiss Art Awards 2007, Basilea).

-Puoi parlarmi della finalità poetiche dell’opera realizzata al Netmage di Bologna?

‘You can wake up now, the universe has ended’ e’ il titolo del progetto che le “Rhythm King & Her Friends” (parte audio) ed io (parte video) abbiamo presentato a Netmage 08. Lo spunto per la traccia video nasce dal film del ‘55 Rebel Withou a Cause, la parte video e’ stata realizzata a Los Angeles durante una residenza di tre mesi all’inizio del 2007, prima di partire ho riguardato molte volte il film per cercare di memorizzare la scena in cui i protagonisti si sfidano all’osservatorio del Griffith Park con coltelli a serramanico in una lotta che ho sempre paragonato ad una danza. Volevo tornare in quel luogo e ripetere la scena, occultare con una felpa con il cappuccio la mia identita’ e scontrarmi con un nemico immaginario utilizzando un pettine a serramanico, cioe’ quasi del tutto simile ad un coltello ma del tutto innocuo, in un luogo ’simbolo’, trampolino, da cui ti rendi conto di quanto immensa e disorientante sia la citta’… questa sequenza rappresenta la parte centrale del video per netmage, la parte performativa in cui i movimenti rallentati del corpo diventano una coreografia che si accompagna perfettamente alla musica electroacustica delle RK&HF. A questo materiale sono state unite altre immagini che disorientano l’osservatore e che si ancorano ad alcuni punti del film originale… alla fine, del film c’e’ solo il sospetto circondato da piccole ossessioni e dalla danza immaginaria al Griffith Park. Volevo che una volta finito tutto si avesse l’impressione di essersi risvegliati da un sogno, di aver visto luoghi familiari ma fantastici. Le riprese sono state fatte con diversi apparecchi fotografici digitali e questa scioltezza low-fi e’ un aspetto importante del lavoro. Dal vivo a Bologna e’ stata la nostra prova generale, avevo consegnato alle RK&HF solo una traccia in progress del video e a Netmage abbiamo voluto conservare quella sorpresa ‘anche per noi’, come in un ‘blid date’. Volevamo che l’approccio fosse piu’ fisico rispetto al solito schema in cui dj e vj stanno statici dietro la consolle, cosi ci siamo inserite sul palco in modo che potessimo vederci a vicenda e seguire la parte che ogniuno aveva sotto controllo, Pauline al sintetizzatore/drum machine, Lina alla chitarra elettrica, io con il laptop.

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Mara Mascaro e le sue regine virtuali

studente
23 Feb 2009  
>> ARTE, arti multimediali e net art, eventi, link esterni

Mara Mascaro propone il suo sito www.virtualqueens.net all’esposizione tenutasi nel mese di novembre del 2008 presso il centro espositivo di Milano “la Fabrica del Vapore” dal nome “Milano in Digitale” (seconda edizione), rassegna caratterizzata da diverse installazioni multimediali e nuovi progetti telematici tra i quali animazioni e siti internet come quello della medesima.
Www.virtualqueens.net è un sito che ha come protagonista l’autrice stessa, Mara Mascaro.
continue reading "Mara Mascaro e le sue regine virtuali"

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Indice Teatro Danza Sperimentale

tommaso
29 Feb 2008  
>> Indice

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mercantia 2007

Teatro danza sperimentale
29 Feb 2008  
>> Teatro Danza Sperimentale

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The ball in the hole

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  
>> arti multimediali e net art

An Interactive Installation by Kysucix & Xname (Simone Galliani_Eleonora Orreggia)

Concept:
The ball in the hole is easy and fun.
Using a colorful ball you can delete your projected image to see what (or who) is in the hole.
You’ll enter a journey where you can understand and reveal the other through the erasure of the self. The person behind the hole will appear to disappear again. The emphasis is on the line separating and connecting the visual to the concrete world. The ball and the hole. The person’s movement is his deletion.
The ball in the hole is a social installation/performance where the user becomes the actor of metamorphosis. The discovering of the self and the legendary mirror to other dimensions is experienced through a real-time tactile digital environment.
The Alter is someone else, and the deformation shown is a constant force that the user can apply to his virtual figure.
The image becomes fragile and shows its temporary value. The reflection of identity, reality and representation becomes a playful, intimate and dislocated game of drawing and deleting limits and borders.
Description
The Ball in The Hole is an interactive video installation, running on GPL homemade software.
Two rooms are showing a sort of projected mirror, where the user can see and recognize himself.On the floor there is a spiral, containing a luminescent ball. When the user grabs the ball, spontaneously attempting to play with it, the projected mirror will start erasing, showing the other room. The ball will work on the video as a rubber on a pencil drawing. The two rooms / spaces are symmetrical.
After the complete erasure of the image, the mirror will show the remote room only. At this point the ball will have the capability to erase the other person / space / video, and this deletion of the Alter will correspond to the redrawing of the Self.
The process continues endlessly rendering the installation a social happening where the user becomes the main character of an improvised performance.

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Danza sperimentale

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  
>> Teatro Danza Sperimentale

Fino a tempi recenti la storiografia della danza in Italia ne ha privilegiato lo studio come arte visiva in riferimento a eventi spettacolari e figure di artisti di spicco, mostrando nel complesso la tendenza a vedere i processi e i cambiamenti in corso come tutti interni alla storia della danza, storia tra le storie invece che storia dentro la storia. Altri sguardi su altre fonti conducono alla consapevolezza che in epoche e in luoghi diversi le culture di danza si esprimono in modi e forme diversi a seconda delle strategie politico-culturali delle istituzioni nel regolare pratiche e consuetudini che, a loro volta, determinano i mutamenti nei gusti della società. Passi significativi verso una storia culturale della danza sono stati compiuti grazie agli studi sulle tradizioni popolari, agli strumenti di indagine offerti dall’antropologia culturale e sociale e alla centralità data al corpo da Foucault, dal femminismo e dagli studi in genere. Queste nuove prospettive di studio hanno ricollocato la danza, intesa come forma espressiva, all’interno di un sistema culturale rivelandone il ruolo di elemento dell’interazione sociale strettamente connesso ai programmi educativi, alle pratiche di conservazione della salute, alle dinamiche di genere, agli indicatori di status, all’addestramento militare e all’eucinetica del lavoro.

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Compagnia Virgilio Sieni

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  
>> Teatro Danza Sperimentale

Il lavoro della compagnia Virgilio Sieni si riflette su una vasta estensione dell’umano, tale da far convergere l’estrema coerenza di tutto il suo percorso con la multiformità delle varie fasi che esso ha attraversato e delle soluzioni spettacolari messe in atto di volta in volta; feconde contraddizioni e opposizioni convivono con la fondamentale tensione all’unità dell’esperienza (artistica e oltre). L’arte, coreografica e scenica, con le sue modalità produttive, tende qui a svalicare i confini della sua -rassicurante- separatezza, a favore di molteplici e destabilizzanti intersezioni con l’esperienza tout court. Il fare coreografico di Sieni è sempre inquieto, fatto di scarti, variazioni, aritmie, in cerca di vuoti al proprio interno, attraverso i quali cadere oltre la purezza del linguaggio, ma proprio grazie al radicale sprofondamento nella stessa, nella sostanza della sua articolazione e delle sue forme. L’indagine-creazione artistica si muove tra i limiti estremi della pura performance, delle tradizioni coreografiche come patrimonio profondamente posseduto con cui interloquire, della body art e del ready-made, dell’arte concettuale e dell’installazione visiva, delle discipline (orientali) che dispongono il corpo alla pratica dell’energia; entro questo territorio si vengono a formare le opere di Virgilio Sieni, come danza e visione, ma anche come enigma e simbolo: cioè come cavità (piena di risonanze) da interrogare e ascoltare, e come sponda visibile che col-lega l’osservatore a un’altra sponda, invisibile. L’alchimia che determina e risolve le opere di Sieni -nella misura in cui i materiali, i frammenti, le visioni del lavoro e dei corpi vengono “trattati” con l’alta temperatura di una tensione alla òlosis fino alla “trasformazione della sostanza” in altro- richiama e richiede un’analoga alchimia dello sguardo nello spettatore: un’attitudine aperta e audace, disposta a vivere attivamente le tensioni dell’opera, a ingaggiare un corpo a corpo con essa, che non si può risolvere in una comprensione definitiva dello spettacolo e dei suoi significati, ma che conduce a una più incisiva esperienza visionaria della bellezza e del drama.

MESSAGGERO MUTO

La tematica di questa produzione è volta verso un’ indagine sul mutismo del danzatore, intesa come forma di comunicazione;
sviluppando la relazione che intercorre tra lo spazio ed una condizione estrema, di intensa forza che attraversa il corpo danzante.
Il mutismo incombe come mancanza di voce e quindi prelude all’ urlo, al grido,
al boato eclatante e necessario: suono dalle viscere, proiettato oltre il corpo.
Affronta con ostinazione il movimento dismorfico e irregolare proiettandolo verso un universo tra malattia e lo studio di emozioni,
cioè come far affiorare la presenza di esseri o messaggeri di una lingua diversa.
Emergono delle icone che richiamano ed accennano misteriosamente alla complicità di un gruppo.
Lo spazio si costruisce quindi di regole e sistemi di passaggio, subito contraddetti e smembrati.
Quella che all’ inizio è una lunga introduzione sugli elementi primari, dal grido al cerchio, dal perimetro all’ accerchiamento,
dalla tangente al contatto, sulla natura morta. Ombroso, buio, animaletto, torto, travestimento, mutino, concertino, luccicante,
cavallina, spogliarello, quadrupede, fine.
I corpi in scena risaltano per la disarticolazione dei loro movimenti, offrendosi al pubblico tanto nella loro brutalità,
quanto nella loro disarmante purezza attraverso una danza estremamente dinamica, geometrica e ricca di espressività.
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MI DIFENDERO’

Segni di un vocabolario di storie appaiono all’ interno di spazi preparati, lavorati con attitudine costruttiva e architettonica.
Nello spazio misurato dell’ azione e della visione, emergono sentieri che conducono all’ incontro con l’ animale e l’ irrazionale,
che porta verso la necessita’ di difesa. Si ripetono cinque azioni che hanno un solito andamento: lo spazio viene costruito,
sono impiegati mobilia e un arredamento provenienti da una soffitta. Si elabora l’ incontro, l’ animale diventa bambino.
L’ arredamento spostato sui perimetri dei diversi spazi compone prima delle stanze, poi barriere,
accogliendo il passaggio e lo stare delle figure- corpi metamorfici, tra crudelta’, attesa, richiesta di aiuto,
da visioni domestiche a tavoli sacrificali, nel passaggio tra percezioni e epoche e contesti diversi.
Chi si difende, da cosa – gli interrogativi si calano nei corpi e nei gesti, restando sospesi e trovandosi di scena in scena.
Il fluire visionario delle apparizioni e degli incontri, è scandito dalla precisione dell’ atto di costruzione dei luoghi,
marginali o polverosi come una soffitta, o legati all’ azione come barricata.
Prende corpo una dimensione del rito, costituita materialmente da un mobilio di scarto,
che e’ già rifiuto di un epoca ma che un tempo arredava una casa, e porta verso il senso di un ripostiglio romantico e malinconico.
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Compagnia kinKaleri

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  
>> Teatro Danza Sperimentale

Nasce nel 1995 come raggruppamento di formati e mezzi in bilico nel tentativo. I sei componenti si incontrano, unendo le loro esperienze e studi precedenti maturati in vari campi, con l’intenzione di realizzare dei progetti specifici, sollecitando quindi la volontà di operare intorno a delle idee concrete e curando sempre tutti gli aspetti necessari alle creazioni della propria attività: progettazione, ideazione, drammaturgia, distribuzione, gestione. I lavori di kinkaleri hanno ricevuto ospitalità in numerose programmazioni ibride di genere, trovando un importante riconoscimento sulla scena della ricerca italiana e soprattutto estera.
La struttura assolutamente originale, sia dal punto di vista organizzativo che per la particolare produzione artistica, fornisce le coordinate essenziali alla volontà di lavoro che la spinge: mettere in tensione il rapporto rappresentativo tra l’oggetto e l’ambito a cui si riferisce (o dovrebbe riferirsi). Tutte le produzioni hanno pertanto sempre avuto quella trasversalità di segni che in ambito contemporaneo stanno progressivamente mettendo in crisi la fruizione della rappresentazione: un linguaggio che impasta le lingue e le rende straniere a se stesse per poi ridefinirsi in altro luogo. La ricerca è sempre stata quindi indirizzata verso una qualità del fare che privilegia l’innovazione, l’interazione tra linguaggi originali attraverso la sperimentazione di diverse modalità di esposizione.
Per questa sua natura, l’andamento produttivo di Kinkaleri da sempre ha trovato un proprio sviluppo attraverso itinerari diversificati – spettacoli, performance, installazioni, produzioni video, sonorizzazioni, allestimenti, pubblicazioni – con ospitalità in musei d’arte contemporanea, teatri, festival, rassegne di danza e di teatro, rassegne e concorsi video, installazioni sonore, discoteche, produzioni televisive.
Il gruppo è formato da: Matteo Bambi, Luca Camilletti, Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco, Cristina Rizzo.
Oltre a spettacoli realizza diversi progetti installativi e performativi in situazioni e spazi specifici con cui si relaziona di volta in volta. Amras (1995) ridestruttura la parola nella frase infinita di Thomas Bernhard e l’inadeguatezza dello stare in continuo vacillamento sospeso; Doom (1996) fa implodere la scomposizione molecolare dei corpi in un abbagliante cubo bianco che è forza centripeta di microsistemi tra scienza pornografica, passatempo clinico-medico, Beckett, Bacon; Super (1997) immerge la temperatura nella sospensione masochista attraversata da onde controllatissime in costante attesa; 1.9cc GLX (1998) grammatizza lo spazio, la visione, l’ascolto e il perimetro dello pseudonimo in contatto con le avventure di Pinocchio, incondizionatamente orfano nel labirinto evocativo; Esso (1999/2000) ospita un dj e due danzatori nelle loro linee di limite e d’azione che si mostrano in movimento uno alla volta – una console audio, due strisce diagonali di linoleum finto legno, due sedie: l’allestimento asciutto e la sua organizzazione; et (1999/2000) appare agli occhi e sprofonda senza sosta, attraversato dal mito -di Diana e di Atteone- dunque dalla rappresentazione: un omaggio a Pierre Klossowski: la rivelazione e l’uso dello stereotipo come enigma: immersione in apnea in un’amplificazione sonora totale in un nero accecante: un velo, una pellicola di fosforo; Zoo (2000/2001) è un progetto dedicato ai luoghi, si pone come obbiettivo la ricerca fine a se stessa, sperimenta la messa in scena, non prevede un capolinea; Ecc.etera (2000/2001) si rivela come trittico visivo sulla nostalgia del teatro, della ripetizione, del vano, del tempo senza storia; My love for you will never die (2001) svuota la rappresentazione e riempie la drammaturgia assumendosene il paradosso, non inciampa e non brancola, non ha amici; sostiene la riflessione della fine, il tutto su cui continuare ad accapigliarsi: un buco nero, il cuore delle cose; (2002/2003) accumula l’azzeramento e il sentore della catastrofe nella civiltà occidentale contemporanea nella superproduzione spettacolare ed artistica; TONO (2003) sistematizza un esperimento acustico e dinamico tra due danzatori e un dj; WEST (2003) proietta il fallimento mortale in varie città dell’occidente culturale e ne deposita i corpi orizzontali nel perimetro del quadro; I Cenci/Spettacolo (2004) muore dalla voglia di esistere e vive la propria condizione a rappresentarsi sulla ciglia dell’imbarazzo a riconoscersi finendo il turno del tema della rappresentazione; pool (2005); 11cover (2006); Nerone (2006); pinocchio (2007); THE HUNGRY MARCH SHOW // Between a carrot and I (2007).

West

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Compagnia Enzo Cosimi

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  
>> Teatro Danza Sperimentale

Enzo Cosimi ha firmato con la compagnia più di trenta tra regie e coreografie, rappresentate nei maggiori Festival italiani e Teatri, presentati in tournèe, Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, ex Jugoslavia, austria, Grecia, Danimarca, Stati Uniti, (DTW di New York, Charleston, Spoleto-USA), Perù, Australia, India,
Nel 1987 la compagnia Enzo Cosimi ha realizzato con l’ artista Francesco Plessi sciame,coprodotto con il Festival Oriente Occidente, presentato ad Ars Electronica, a Linz; nell’89 Tecnicamente dolce con Giorgio Cattani, coprodotto dal Festival RomaEuropa. Nel 1992 ha presentato Il pericolo della felicità, all’ interno del Progetto Neoclassico del Teatro Ponchielli di Cremona, con la partecipazione del maestro dell’ astrazione italiana Luigi Veronesi, della stilista Miuccia Prada, con le musiche di Giacinto Scelsi.


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teatro danza sperimentale_cenni storici

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  
>> Teatro Danza Sperimentale

Dalla metà degli anni sessanta, l’ arte giunge a nuove forme di espressione che costituiscono l’ avvenimento della “Body Art”,dove
il corpo si pone come fulcro del e nell’ opera totale.
Si cerca quindi di esprimere le proprie pulsioni remote, di mettere in discussione il rapporto con il proprio fisico,
tramite azioni ed esperienze condotte con e sul proprio corpo. Le azioni sono a volte di forte impatto emotivo, altre a volte violentissime ed autodistruttive.
L’ humus culturale in cui si sviluppano queste performance è quello dei gruppi d’ avanguardia artistica più radicali ed avanzati,
teoria alla ridentificazione totalizzate del rapporto fra vita ed arte, alla distruzione del concetto di opera d’ arte, proiettati in una dimensione
d’ impegno sociale che vede ad una trasformazione generalizzata dei luoghi e dei componenti.
Non è un caso la marcata presenza femminile nel campo della body-art: nel momento della ri-elaborazione del concetto di genere
e delle implicazioni sociali, anche sul versante artistico la donna si riappropia del proprio corpo per indagare le coponenti fisiche e
misurarne i rapporti di forza, per sconvolgere la percezione della fisicità femminile, nella società come nell’ arte. In alcuni artisti l’ aspetto
prevalente è quello ironico e giocoso, come nel caso delle opere di Nam June Paik, mentre altre si basano su “comportamenti estremi, connotati
da un’ intensa violenza, di tipo sadico o masochistico, da esibizioni con sintomi regressivi o psicotici, oppure semplicemente provocatorie”,
come nei lavori di Vito Acconci e Chris Burden.
Si deve sottolineare il ruolo determinante dalle diverse forme di performance, quali: “event ed happening” negli Stati Uniti, azioni di natura diversa in Europa,
nell’ ambito del riavvicinamento dell’ arte e del reale che operano i “nuovi realismi”. Si è spesso sottolineato l’ influenza delle esperienze condotte da John Cage,
Merce Canningham e Allan Kaprow su artisti che a loro volta parteciperanno o organizzeranno numerose performance.
Le loro tematiche innovative riguardante lo spazio della rappresentazione e dell’ individuazione dei luoghi,
vengono trasmesse solo nei primi anni ottanta dalla scperta del teatro di strada.

 

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