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Intervista a Franziska Nori

dceragioli
2 May 2010  

Franziska Nori è nata a Roma da padre italiano e madre tedesca, ma da quando ha 18 anni vive a Francoforte. Ha studiato letteratura e antropologia. Ma all’ultimo anno di università si è laureata in storia dell’arte “perché era più facile”.

È una donna intraprendente che dal 2007  cura un programma pluriennale dedicato alla promozione di arte e cultura contemporanee a tema, progetti espositivi, cicli di film e video oltre a  workshops, performances e lectures.

Lo spazio espositivo, noto come La Strozzina, trova posto negli ambienti, restaurati di recente, situati sotto il magnifico cortile di Palazzo Strozzi.in passato, qui si trovavano le cantine del Palazzo, vero gioiello del Rinascimento italiano; in seguito, queste sale hanno ospitato le più importanti mostre fiorentine, che hanno avuto un’eco internazionale.

Nel 2007 è stato anche inaugurato il nuovo spazio espositivo il CCCS-Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, uno spazio dedicato al confronto tra i differenti approcci e le diverse pratiche che caratterizzano la produzione artistica e culturale della contemporaneità.

“Il CCCS è un luogo per la cultura contemporanea, dove saranno presentati progetti che affrontano aspetti urbanistici, economici, di sviluppo sociale e politico, scientifici, tecnologici, come anche estetici ed etici, in virtù del fatto che la stessa arte contemporanea da tempo si è liberata dai canoni classici legati alla logica del singolo approccio disciplinare. Il CCCS è inteso come struttura dalla quale sarà possibile avviare sia un confronto analitico e contemplativo con l’arte, sia una partecipazione diretta ed attiva al processo culturale”.

Come sottolinea Franziska Nori, project director del nuovo centro.

Il primo progetto presentato per l’inaugurazione è stata la mostra “Sistemi Emotivi” che si sviluppa in un ambito di relazione interdisciplinare, proprio e tipico della contemporaneità.

La mostra si sviluppa su tre fasi ben distinte ma complementari: un’esposizione, una pubblicazione e un programma di lectures che indagheranno la tematica delle emozioni, proponendo una rilettura della correlazione tra artista contemporaneo, opera d’arte e fruitore, alla luce delle più recenti scoperte neuroscientifiche sul cervello umano e sui suoi effetti sulla sfera emotiva.

Il progetto vuol proporre la tematica delle emozioni che, se da un lato, può

avere un richiamo immediato su un pubblico abituato a pensare all’arte come esperienza estetica coinvolgente e sensorialmente avvincente, dall’altro offre la possibilità di dimostrare l’integrazione di teorie contemporanee che provengono sia dall’area umanistica che da quella scientifica.

Prima di essere la Direttrice della Strozzina, Franziska Nori ha diretto il Digitalcraft.org Kulturbüro di Francoforte, la cui attività è concentrata soprattutto sulla cultura digitale.

Dal 2005 fa parte del comitato scientifico dell’International School dei New Media all’Università di Lubecca.

Mentre  dal 2000 al 2003 è stata curatrice del dipartimento per “new media art and crafts” presso il Museo di Arti Applicate (MAK) di Francoforte, per il quale ha organizzato mostre e collezioni di oggetti digitali (giochi e siti web).

Insieme al suo team di Francoforte,ha prodotto mostre come “I Love You”, che ha esplorato il mondo degli hackers e dei virus informatici,

“ ‘adonnaM.mp3” centrata sull’analisi dei networks e dei file condivisi sulla rete e “Digital Origami” dedicata alla cosiddetta “demo scene”.

Nel 1998, è stata incaricata dalla Commissione Europea di dare una valutazione sulle future strategie per i musei d’Europa che lavorano con i new media.

Dal 1992 in poi ha lavorato per diverse istituzioni europee, come curatrice indipendente di arte moderna e contemporanea: alla Schirn Kunsthalledi Francoforte, al Museum für Moderne Kunst di Vienna, al Museo Nacional Reina Sofia di Madrid, e alla Fundación la Caixa a Palma de Mallorca.

Ricordiamo tra tutte alcune mostre curate da Franziska:

-I love you

-‘adonnaM.mp3

-Digital Origami

-Arte,prezzo e valore

-Cina,Cina,Cina!!!

-Sistemi emotivi

il progetto a cui ora tiene di più è un lavoro sulle identità virtuali che presenteranno nel 2009. “Vogliamo cercare di capire come ci si muove e ci si relaziona su Internet” dice Franziska “si esploreranno luoghi come myspace e second life e le chat. L’evento, sarà strutturato su tre livelli: l’esposizione vera e propria, una serie di pubblicazione in cui professionalità diverse (artisti, scienziati, scrittori s’interrogano sul tema) e un ciclo di dibattiti.

È un progetto che mi sta molto a cuore perché trovo che online si aprano molte possibilità creative ma anche molti pericoli per la democrazia. In rete siano tutti schedati e controllabili. Ma nessuno sembra occuparsi del problema. Alcuni paesi, come l’Italia, si sono impigriti, danno la democrazia per scontata e rischiano. In questo periodo rischiano tanto».

Incontrando Franziska in una conferenza di due giorni al Centro Pecci di Prato il 23 e 24 novembre per fare il punto sulla situazione attuale dell’educazione all’arte dei nuovi media nelle istituzioni italiane Esperti del settore e docenti nazionali e internazionali si incontreranno per due giorni al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato per promuovere il settore e fare una ricognizione sulla situazione attuale dell’educazione all’arte dei nuovi media nelle istituzioni italiane.

abbiamo avuto la possibilità di complimentarci con lei e di porgerle alcune domande:

1. Cosa ne pensa del dibattito avvenuto oggi ?

I professionisti scelti dal professore Tozzi erano assai illustri e rappresentavano

ai miei occhi lo ’state of the art’ delle persone in Italia dedite alla

mediazione new media nelle istituzioni accademiche.

Quando a cominciato il suo percorso artistico ?

Il mio percorso come curatrice e operatrice culturale free-lance é

iniziato verso metà degli anni 90. Fondai a Francoforte sul Meno

un’associazione d’arte dedicata all’esposizione di arte contemporanea in

spazi pubblici. Subito dopo lavorai per la Schirn Kunsthalle come

curatrice di una mostra d’arte contemporanea e assistente del curatore

Thomas Messer per una serie di monografiche su Lucio Fontana. Fu

un’esperienza fantastica alla quale seguirono numerose altre esperienze

in istituzioni museali internazionali.

Il suo progetto di maggior rilievo a cui sì e legata di più ?

Il progetto espositivo al quale forse sono più legata é la mostra “I love you – computer, virus, hacker and

culture” curata come work in progress dal 2002 in poi

(www.digitalcraft.org/iloveyou)

Cosa vuol dire essere direttrice del Centro di Cultura Contemporanea Stozzina ?

Dirigere il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina (CCCS) é una sfida

in quanto a Firenze il contemporaneo ha un ruolo secondario rispetto

alla tutela dell’importante eredita culturale rinascimentale, realtà

alla quale é legato l’enorme settore turistico, di cosi fondamentale

Importanza per la città. Lavorare in una città d’arte come lo é Firenze

é in ogni caso un gran privilegio. I colleghi che ho avuto il piacere di

incontrare sino ad ora nelle diverse istituzioni, nelle tante

associazioni e nella scena free-lance mi hanno accolta con gran calore

e le collaborazioni con loro in futuro formeranno la base per le

attività del CCCS.

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“Vedimi” di Marco Pucci

nicolini
14 Feb 2010  

milano

In data 21 Novembre 2007 , mi sono recata (insieme a dei compagni di Accademia) a Milano, per visitare la mostra “MILANO IN DIGITALE 2” presso la FABBRICA DEL VAPORE in via Procaccini. La fabbrica era un pò in periferia, abbastanza fuori mano per chi non è di Milano, ma comunque raggiungibile. Arrivata ed entrata all’interno della fabbrica, conosco Martina …, segretaria amministrativa dell’evento. Lei mi spiega che le organizzatrici quel giorno non ci sono (Morena Ghilardi e Cristina Trivellin) ma che avrei potuto fare affidamento su di lei per qualsiasi dubbio o richiesta particolare. La stanza è al buio, l’unica fonte di luce viene dagli schermi usati nelle varie videoinstallazioni piuttosto che dai monitor o da qualche faretto usato per illuminare lievemente alcune stampe. Ci sono video, istallazioni interattive, stampe digitali, postazioni per le opere di net art. All’inaugurazione sono state esclusivamente eseguite una performance video-musicale del gruppo Headvision ed un’esibizione di visual art.

I lavori esposti sono tanti, vado ad elencarli:

Che cosa vuoi fare da grande? di Gradaschi, Mora, Scolla, Bordignon – video di animazione

Vedimi di Marco Pucci- installazione interattiva

B-Light di Headvision-NadessJa-Eniac – installazione interattiva

Circumstances di Sabino D’Argenio- installazione interattiva

… da qui di Roberta Baldaro- video digitale

Apartment di Hoekstra, Frittelli, Manzotti, Suwansaek- video digitale

DNA di Marco Villani- videoinstallazione interattiva

How Much You Earn di Barbara Gambini- stampa digitale

Katahomo di Alice Avallone – website

Next Query di Gruppo IO/COSE -website

Nuovo avvento di Fabio Mattia e Simona Ilaria Di Michele -video di animazione

Presenze X di Stefania Cola- stampa digitale

The origin of imagination di Chiara Passa – video installazione

virtualqueens.net di Mara Mascaro- website

L’unico artista presente è ……… che si dimostra subito disponibile a rilasciare un’intervista ad un ragazzo, il quale ne approfitta anche per scattare qualche foto al lavoro che è una video installazione. L’artista che interessa a me, Marco Pucci, non è nuovo alla mostra infatti ha già partecipato alla MILANO IN DIGITALE 1 , presentando “Identità Persa” e vincendo. Il suo lavoro  attuale si intitola “Vedimi” e si tratta di un’installazione interattiva composta da un pannello bianco ed una telecamera rivolta verso il partecipante il quale, a seconda di come si pone davanti all’obiettivo scopre quello che c’è sotto: la sua silouette rivela le immagini “dentro” il pannello che sono tutti video estratti da You Tube. Lo spettatore diventa così un Voyeur.

La critica dice :“Per la sapiente semplicità del concept interattivo, che mette in relazione il corpo e i movimenti del partecipante alla ricchezza e alla mutevolezza dei contenuti di rete, giocando un’intelligente partita fra la dimensione rappresentativa e quella performativa nell’esperienza digitale.”

Vediamo qui alcuni scatti presi a Milano che ci descrivono sommariamente il meccanismo di Vedimi!

vedimi 6

vedimi2

vedimi 4

Purtroppo Marco non è presente, probabilmente impegnato altrove, così decido di contattarlo via e-mail, e lui mi rilascia l’intervista che segue.

A che età ti sei avvicinato al mondo dell’arte, e come? Ti senti influenzato da qualche artista in particolare?

La mia passione per il mondo dell’arte digitale è nata esattamente tre anni fa. Mi ero appena trasferito a Milano da Roma per seguire un corso di webdesign. Avendo molto tempo a disposizione ho deciso di iscrivermi all’accademia di Belle Arti di Brera nel corso di Nuove Tecnologie per l’Arte. Da allora sono stato catapultato in questo nuovo mondo affascinante. Devo dire che l’inizio è stato un po’ traumatico, a parte la differenza di età con i miei compagni, ero l’unico a non aver mai studiato storia dell’arte. Infatti mi sono diplomato in un Istituto Tecnico di informatica.

Ma questa è stata la mia forza, saper utilizzare le nuove tecnologie, trasformarle per i propri scopi,

giocarci in modo da far diventare una semplice webcam un sensore di movimento ed applicare il tutto in arte è molto divertente e, posso capirlo benissimo, non è alla portata di tutti.

Attualmente lavoro in una rivista d’arte contemporanea, Flash Art , e contemporaneamente seguo le lezioni all’Accademia. Tutta la mia giornata è completamente immersa nel mondo dell’arte, anche se si tratta di due forme d’arte completamente differenti, a volte non riesco a credere come possa cambiare la vita di qualcuno in così poco tempo.

Un artista che mi ha influenzato? Sinceramente, non per presunzione ma piuttosto per mia ignoranza, non saprei dirti. Magari oggi, dopo tre anni di studi, posso dire che mi sento molto vicino a Nam June Paik. Sento molto vicino il suo modo di creare attraverso apparecchiature elettroniche, televisori, smontare, ricostruire, etc… insomma nel gergo informatico uno “smanettone”.

Cosa accomuna le tue diverse esperienze artistiche: dall’esperienza del fotomontaggio digitale  (vincitore per tre anni consecutivi al concorso fotografico “Gianluca e Carla”) a quella dell’installazione interattiva ( “Milano in digitale”)?

Sono due forme d’arte completamente diverse. La prima appartiene ad un periodo della mia vita che sento molto lontano, il fotomontaggio è stato più un divertimento che un lavoro vero e proprio. Però da queste prime esperienze ho iniziato ad unire la mia passione per il disegno con l’altra passione, l’informatica. Nella mia infanzia, avendo un fratello di 10 anni più grande, i computer sono stati sempre presenti. Dal Comodor 64 agli ultimi portatili ho vissuto in prima persona l’evolversi della tecnologia e così quella dei programmi grafici. PhotoShop è stato il primo mezzo a cui mi sono avvicinato per cercare di esprimere qualcosa .

L’installazione interattiva Vedimi! Che ha vinto il concorso Milano in Digitale è un qualcosa di completamente diverso. Utilizzare la tecnologia per spiegare, porre sotto l’attenzione di tutti, comunicare un qualcosa che avevo dentro. Secondo me lo scopo dell’opera non deve essere criticare ma spiegare. Mostro quello che succede, magari da un mio punto di vista, e ognuno rifletta a modo suo. L’importante però è spingere alla riflessione.

Nel mondo in cui viviamo, sottoposti ad un bombardamento di immagini, video, pubblicità etc.. l’unico modo per  colpire l’attenzione del pubblico è attraverso le nuove tecnologie e  rispondere con le stesse armi. Se voglio sottoporre l’attenzione di tutti al fenomeno You Tube – videocellulari che sta avendo un successo sempre maggiore soprattutto tra i giovani, sono costretto a farlo con un’installazione che parli lo stesso linguaggio.

C’è una strategia che guida il tuo operare artistico o i lavori, come ad esempio “vedimi”, oppure sono guidati da un’intuizione creativa estemporanea?

Vedimi! È un’idea cresciuta molto lentamente nella mi mente ma in maniera costante. Nell’ultimo anno leggevo sempre più spesso dei ragazzi, che per protagonismo, mettevano in rete i propri video. Da una semplice mania siamo passati agli atti di bullismo nelle scuole, professori che venivano picchiati, molestati, ragazzi ubriachi che guidavano contromano etc… solo per la voglia di apparire in video e diventare “famoso” per qualche settimana.

L’opera è poi nata da se…un collage di video scaricati da You Tube dove noi, attraverso il nostro corpo, diventiamo a nostra volta dei voyeur e simbolicamente siamo ciò che vediamo.

La mia prima installazione, Identità persa, nasce nella metropolitana di Milano. Mi ritrovavo tra milioni di persone ogni giorno e non provavo la voglia di comunicare con la gente a fianco, ognuno di noi in un non-luogo si trasforma, diventa chiuso, al punto tale da non saper che faccia aveva il nostro vicino appena scesi dalla metro.

Ho così pensato a delle fotografie che ritraevano passeggeri senza volto, la faccia era sfumata per renderli tutti uguali. Un monitor nascosto tra le varie foto trasmetteva in diretta il nostro viso sfumato come nelle fotografie, ad indicare che anche noi, in certi luoghi, diventiamo una persona qualsiasi tra tante.

Queste opere nascono da una mia sensibilità ai problemi della società contemporanea, cerco di leggere e di informarmi il più possibile, capire perché sta succedendo una certa cosa, da che cosa è stata  creata. Se poi il problema è strettamente legato alle nuove tecnologie cerco di riutilizzarle per accentuarlo ancora di più e far riflettere le persone.

Cosa ne pensi del panorama artistico attuale? Se ti chiedessi il nome di un artista ( o più) contemporaneo che ti entusiasma particolarmente?

Lavorando nell’arte contemporanea, quella delle fiere, dei mercanti, dei collezionisti, devo dire che non mi entusiasma per niente. E’ solo un lavoro. Vedere spendere milioni per un quadretto che verrà appeso in salotto mi rattrista. Ma questo è un mio pensiero personale e strettamente legato alla mia poca esperienza nel mondo dell’arte. Preferisco l’arte digitale, che non vive di un commercio, non è sottoposta alla volontà dei galleristi. Festival di Arte Digitale dove la gente si diverte, balla, scopre nuove emozioni e non fiere d’arte dove si entra solo per acquistare.

Che progetti hai per il futuro?

In questi giorni sto concludendo la tesi per il diploma di laurea in nuove Tecnologie per l’Arte (l’argomento è la fotografia ed il video stereoscopico).

Sto già seguendo i corsi del  biennio di specializzazione in Tecnologie Performative ed Interattive. Ho in mente altre due installazioni che saranno pronte a maggio per una mostra dell’Accademia.

Come puoi vedere sono sempre più immerso nel mondo dell’arte! Speriamo che duri perché è troppo divertente!

Maggiori informazioni potete trovarle sul mio piccolo sito www.puccimarco.com mi raccomando scrivete solo per criticarmi!!

Per il momento nessuna critica per Marco, al contrario cresce sempre di più l’ interesse di vedere il suoi prossimi lavori.

Di Giulia Nicolini

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Documentario Linux Day

admin
30 Aug 2009  

In questo filmato una documentazione video della Manifestazione Nazionale del Software Libero, denominata “Linux Day 2008”, tenutasi il 25 ottobre 2008 presso il Municipio di Viareggio, organizzata dall’Associazione Culturale ACROS Versilia Lucca Massa Carrara (acronimo di Associazione Culturale Revolution Operating System).
Promozione, diffusione e sperimentazione del software libero, dell’open source e del sistema operativo Linux attraverso corsi, manifestazioni, congressi, incontri e tante altre attività promosse a livello territoriale locale: questo il loro intento.
GNU/Linux e il Software Libero considerati il futuro in nome di una cultura informatica diversa da quella legata al software proprietario. Questa filosofia riemerge durante i tanti i talk della giornata organizzati dall’associazione con l’aiuto dei soci più attivi e partecipi. Particolare rilevanza è stata data allo sviluppo nel mondo della nota distribuzione Ubuntu, che da tempo è diventata un punto di riferimento importante per tutti coloro che si avvicinano ai sistemi GNU/Linux. Grazie alla sua progressiva espansione, nel corso degli anni, il sistema open source sta guadagnando terreno rispetto alle altre case produttrici Microsoft e Apple, mediante la distribuzione gratuita via web e la possibilità di ottenere assistenza attraverso corsi, eventi e fiere dove ognuno può intervenire e imparare mettendosi alla prova.

I contenuti video sono i due principali interventi scelti tra i tanti: “Da Windows a Ubuntu… sola andata” e “Software libero: concetti, distribuzioni, pacchetti”. In fondo, a conclusione del video, l’intervista a tre dei membri ACROS che parlano della storia della loro Associazione, finalità, ambizioni e obiettivi futuri. Inoltre approfondimenti sui temi trattati durante il convegno ampliati con domande più mirate sul trashware, software libero nella pubblica amministrazione, sistemi GNU/Linux intorno a noi…

Un ringraziamento ancora a tutta l’Associazione ACROS, in particolare a Fabio, Davide e Fabrizio.

Video realizzato da Giannecchini Susanna e Amore Rossella per il lavoro a scelta dello studente, durante l’Anno Accademico 2008-2009, presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara.

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Milano in Digitale

astrata
19 May 2009  

_MILANO IN DIGITALE II _
I GIOVANI E LA NEW MEDIA ART

Oggi 21 novembre 2007, siamo a Milano, nella sede espositiva “La fabbrica del Vapore”, dove ha luogo la seconda edizione dell’evento “Milano in Digitale” diretto da Cristina Trivellin e da Morena Ghilardi. Questa rassegna, nata nel 2006, raccoglie numerose opere di giovani artisti che decidono di esprimersi attraverso le nuove tecnologie dell’arte che permettono di sviluppare i loro concept artistici in modo decisamente innovativo rispetto magari, all’uso delle classiche tecniche artistiche.
Il tema su cui si sono dovuti cimentare l’anno scorso, i partecipanti, è stato: “Milano e i giovani”, una tematica che poneva l’opportunità e il quesito di relazionare la propria condizione esistenziale con l’ambiente esterno che ci circonda. La realizzazione di opere di questo tipo ha offerto agli artisti una buona occasione per analizzare e raccontare l’ambiente milanese attraverso il loro sguardo personale. Questa prima edizione è stata vinta da Marco Pucci, con l’opera “Identità persa”, Female Crew con “An urban art project FWD_MI”, Loretta Borrelli con “Viale Marche 21” .
Per quest’anno, invece, la tematica è stata lasciata libera, numerosi i partecipanti che, dopo una preventiva selezione, hanno esposto le loro opere. Qui di seguito elencati i titoli ed i nomi degli artisti che sono stati scelti per la seconda edizione dell’evento:
“… da qui” di Roberta Baldaro- video digitale
“Apartment” di Hoekstra, Frittelli, Manzotti, Suwansaek- video
“B-Light” di Headvision-Nadess-Ja Eniac – installazione interattiva
“Che cosa vuoi fare da grande? “ di Gradaschi, Mora, Scolla, Bordignon – video di animazione
“Circumstances” di Sabino D’Argenio
“DNA” di Marco Villani- video installazione
“How Much You Earn” di Barbara Gambini- stampa digitale
“Katahomo” di Alice Avallone- website
“Next Query” del Gruppo I/O COSE -website
“Nuovo avvento” di Fabio Mattia e Simona Ilaria di Michele, video di animazione
“Presenze X” di Stefania Cola- stampa digitale
“The origin of imagination” di Chiara Passa -video installazione
“Vedimi “ di Marco Pucci- installazione interattiva
“Virtualqueens.net” di Mara Mascaro- website.
L’esposizione “Milano in Digitale II” è stata allestita in un grande padiglione che ci ha permesso di assaporare nella loro totalità le diverse opere: dalle videoinstallazioni alle stampe digitali, fino ad arrivare ai video e ai siti web.
L’ambiente ospitale ed accogliente era evidentemente ben studiato per dare ai visitatori la possibilità di osservare, cooperare e interagire con tutte le opere in maniera totalmente libera ed autonoma; la grande disponibilità della segretaria organizzativa , Martina Coletti, ci ha permesso di risolvere i nostri dubbi e di approfondire, al meno in parte, la conoscenza di quanto esposto.
Camminando per la stanza lo sguardo veniva attratto quando da una stampa digitale, quando da un video di animazione fino ad arrivare ad interagire direttamente con le videoinstallazioni esposte.
La diversità tra le diverse tipologie di opere permetteva ad ogni visitatore di immedesimarsi e trovare il lavoro che più rispecchiava il suo stile e la sua personalità. A mio avviso tale eterogeneità può essere un fattore di stimolo intellettuale per il visitatore, ma anche, fattore di interesse a livello più ampio, in quanto il contrapporsi di tematiche e tecniche diverse può diventare punto di partenza per discussioni e nuove iniziative e perché no, una vera fucina di idee.
Il padiglione espositivo che ha accolto la manifestazione risulta, di per se suggestivo all’occhio del visitatore, il nome stesso dello stabile, “Fabbrica del Vapore” , riporta alla mente un luogo dove nascono idee, concetti, relazioni che non attendono altro se non di essere messe in pratica, diffuse.
Terminata la visita mi sono permessa di approfittare della grande disponibilità di una delle due curatrici della mostra, Cristina Trivellin, che ha gentilmente risposto alle mie curiose domande rispetto all’ambito organizzativo e concettuale di una tale esposizione.
- L’evento “Milano in digitale II” è il secondo appuntamento di un festival nato l’anno scorso. Quali sono i motivi alla base della nascita di questa manifestazione?
“Il progetto era nel cassetto già da tempo. Nasce da un interesse e da una curiosità personale verso la cosiddetta new media art, e dal fatto che tra tantissimi concorsi in Italia non ce ne fosse uno specifico per i giovanissimi, dedicato interamente alle forme d’arte legate alle tecnologie; e poi ci interessava dare un’opportunità ai giovani artisti, ai protagonisti di domani.”
- L’organizzazione dell’evento ha necessitato di particolari accordi con la regione? Ad esempio, vi sono stati posti dei veti, avete avuto degli aiuti economici da parte di qualche ente pubblico o la vostra è un’associazione autonoma?
“In tutto il materiale divulgativo si legge “Con il patrocinio e il contributo di: Regione Lombardia, Comune di Milano, settore Tempo Libero. La Regione Lombardia e il Comune hanno contribuito quindi a sostenere economicamente il progetto”. Non ci sono stati posti veti, ma sicuramente i progetti devono rispettare alcuni parametri dati. La Fondazione D’Ars, promotrice dell’evento, è una onlus, è autonoma ma può ovviamente partecipare a bandi per l’ottenimento di fondi pubblici. E’ stato importante anche in questa seconda edizione, lo sponsor tecnologico da parte di un’azienda come Epson, che ha prodotto la mostra conclusiva dei vincitori alla Fabbrica del Vapore.”

I partecipanti hanno avuto altre esperienze artistiche prima di quella in questione?
“Si, la maggior parte dei partecipanti, anche se giovani e studenti, hanno avuto già altre esperienze artistiche, espositive prima di questa. I curricula dei vincitori vantavano già presenze in altre rassegne, nazionali e internazionali.”
- E’ stato difficile trovare partecipanti? Ci sono state delle selezioni?
“Sul nostro sito, www.milanoindigitale.it, è presente il bando di concorso; abbiamo ricevuto circa 300 progetti da tutta Italia…e qualcuno anche dall’estero, essendo il bando disponibile sul sito anche in versione inglese.”
- I lavori esposti in mostra dovevano rispettare un unico tema o la scelta era libera?
“lo scorso anno c’era un tema: Milano e i Giovani, quest’anno invece il tema era libero. Abbiamo fatto coincidere il lancio del bando con la tavola rotonda : Conversazione sulla New media art- sono stati i relatori stessi, che poi sono stati i giurati del concorso, a dettare le guide lines. Gli interventi dei relatori sono ancora ascoltabili sul nostro sito www.milanoindigitale.it”
- Siete rimaste soddisfatte dalla riuscita dell’evento?
“Si, possiamo ritenerci soddisfatte, anche se intendiamo naturalmente crescere…”
- Quale pensate sia l’impatto di questa manifestazione sul territorio e in generale sull’ambiente dell’arte?
“E’ una domanda difficile…forse prima di parlare di impatto sul territorio bisogna far si che queste forme d’arte vengano maggiormente divulgate.”
- Se ci saranno altre edizioni di questa manifestazione, chi volesse parteciparvi cosa deve fare? Occorrono prerequisiti specifici?
“Come al solito verrà aperto un bando. Basterà inviare un progetto o un render dell’opera, o video, o elaborazione, ecc. L’unico requisito richiesto è quello di avere meno di 35 anni.”
- I vincitori del concorso sono stati premiati con un workshop all’estero. Come mai è stata scelta questa tipologia di premio?
“Perché è quello che maggiormente manca ai giovani studenti italiani. “CIANT “ è una realtà importante a livello europeo. Lo scorso anno i vincitori hanno ottenuto un premio in denaro. La residenza all’estero era anche segnalata tra le direttive ministeriali per i giovani.”
Il workshop, organizzato a Praga da TransIStor, presso il “CIANT” (International Centre for Art and New Technologies), sarà un’opportunità per i tre vincitori di immergersi in un ambiente internazionale dove avranno la possibilità di confrontarsi con altri giovani artisti provenienti da realtà diverse da quella italiana.
Ringrazio molto Cristina Trivellin per la sua gentilezza e invito tutti a consultare il sito www.milanoindigitale.it per approfondire gli argomenti trattati nell’intervista.
Dopo aver visitato la mostra ho forse per la prima volta appreso in maniera più completa quali problemi implichi il realizzare un’opera d’arte digitale. Aver guardato, osservato, quasi studiato ogni cosa mi ha stimolato a riflettere su come possono essere state progettate e realizzate le opere esposte. Quello che all’apparenza potrebbe sembrare una cosa semplice e veloce da mettere in pratica spesso e volentieri necessita di mesi di ideazione, di progettazione e di lavoro per renderla ottimale all’esposizione. Anche le opere non interattive, come ad esempio le stampe digitali, rivelano un impegno profondo e ispirato, teso a riflettere il pensiero dell’artista e la sua concezione del messaggio da trasmettere.

Per concludere, mi sembra dovuto citare i vincitori e le motivazioni di tale loro vincita date dalla giuria del concorso dell’edizione 2007 :
“B-Light” di Headvision-Nadessja-Eniac: che configura una situazione di interattività in cui la tecnologia gioca un ruolo di complessa mediazione linguistica in un campo di grande interesse quale è la danza assistita dal computer;

“Cosa vuoi fare da grande?” di Stefano Gradaschi, Elena Mora,Giuseppe Scollo, Anna Bordignon: per lo sguardo partecipato ma straniato che è capace di proiettare su una delle più dense e dinamiche periferie milanesi (il quartiere Bovisa) grazie all’uso di un’animazione 2D stratificata e conflittuale con l’immagine cinematografica;

“Vedimi” di Marco Pucci, per la sapiente semplicità del concept interattivo, che mette in relazione il corpo e i movimenti del partecipante alla ricchezza e alla mutevolezza dei contenuti di rete, giocando un’intelligente partita fra la dimensione rappresentativa e quella performativa nell’esperienza digitale.

Alla fine di questa esperienza, vissuta grazie ad un progetto assegnatomi dal Professor Tommaso Tozzi, direttore del Dipartimento di Nuove Tecnologie dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, mi prospetto di riuscire a partecipare più attivamente a questo tipologia di eventi, che senza dubbio arricchiscono notevolmente il panorama artistico dei giovani artisti ma anche di coloro che hanno un background già molto ricco. Nessuno dovrebbe soffermarsi alle “vecchie tecnologie”. Ognuno di noi dovrebbe cercare di avvicinarsi il più possibile a quel nuovo panorama tecnologico che permette in maniera sempre più “accessibile” di creare cose nuove, di rivisitare quelle vecchie e di ampliare, perché no, la conoscenza del singolo.
Web bliografia:
www.milanoindigitale.it : sito ufficiale dell’evento.
Claudia Vanello

_MILANO IN DIGITALE II _
I GIOVANI E LA NEW MEDIA ART

Oggi 21 novembre 2007, siamo a Milano, nella sede espositiva “La fabbrica del Vapore”, dove ha luogo la seconda edizione dell’evento “Milano in Digitale” diretto da Cristina Trivellin e da Morena Ghilardi. Questa rassegna, nata nel 2006, raccoglie numerose opere di giovani artisti che decidono di esprimersi attraverso le nuove tecnologie dell’arte che permettono di sviluppare i loro concept artistici in modo decisamente innovativo rispetto magari, all’uso delle classiche tecniche artistiche.
Il tema su cui si sono dovuti cimentare l’anno scorso, i partecipanti, è stato: “Milano e i giovani”, una tematica che poneva l’opportunità e il quesito di relazionare la propria condizione esistenziale con l’ambiente esterno che ci circonda. La realizzazione di opere di questo tipo ha offerto agli artisti una buona occasione per analizzare e raccontare l’ambiente milanese attraverso il loro sguardo personale. Questa prima edizione è stata vinta da Marco Pucci, con l’opera “Identità persa”, Female Crew con “An urban art project FWD_MI”, Loretta Borrelli con “Viale Marche 21” .
Per quest’anno, invece, la tematica è stata lasciata libera, numerosi i partecipanti che, dopo una preventiva selezione, hanno esposto le loro opere. Qui di seguito elencati i titoli ed i nomi degli artisti che sono stati scelti per la seconda edizione dell’evento:
“… da qui” di Roberta Baldaro- video digitale
“Apartment” di Hoekstra, Frittelli, Manzotti, Suwansaek- video
“B-Light” di Headvision-Nadess-Ja Eniac – installazione interattiva
“Che cosa vuoi fare da grande? “ di Gradaschi, Mora, Scolla, Bordignon – video di animazione
“Circumstances” di Sabino D’Argenio
“DNA” di Marco Villani- video installazione
“How Much You Earn” di Barbara Gambini- stampa digitale
“Katahomo” di Alice Avallone- website
“Next Query” del Gruppo I/O COSE -website
“Nuovo avvento” di Fabio Mattia e Simona Ilaria di Michele, video di animazione
“Presenze X” di Stefania Cola- stampa digitale
“The origin of imagination” di Chiara Passa -video installazione
“Vedimi “ di Marco Pucci- installazione interattiva
“Virtualqueens.net” di Mara Mascaro- website.
L’esposizione “Milano in Digitale II” è stata allestita in un grande padiglione che ci ha permesso di assaporare nella loro totalità le diverse opere: dalle videoinstallazioni alle stampe digitali, fino ad arrivare ai video e ai siti web.
L’ambiente ospitale ed accogliente era evidentemente ben studiato per dare ai visitatori la possibilità di osservare, cooperare e interagire con tutte le opere in maniera totalmente libera ed autonoma; la grande disponibilità della segretaria organizzativa , Martina Coletti, ci ha permesso di risolvere i nostri dubbi e di approfondire, al meno in parte, la conoscenza di quanto esposto.
Camminando per la stanza lo sguardo veniva attratto quando da una stampa digitale, quando da un video di animazione fino ad arrivare ad interagire direttamente con le videoinstallazioni esposte.
La diversità tra le diverse tipologie di opere permetteva ad ogni visitatore di immedesimarsi e trovare il lavoro che più rispecchiava il suo stile e la sua personalità. A mio avviso tale eterogeneità può essere un fattore di stimolo intellettuale per il visitatore, ma anche, fattore di interesse a livello più ampio, in quanto il contrapporsi di tematiche e tecniche diverse può diventare punto di partenza per discussioni e nuove iniziative e perché no, una vera fucina di idee.
Il padiglione espositivo che ha accolto la manifestazione risulta, di per se suggestivo all’occhio del visitatore, il nome stesso dello stabile, “Fabbrica del Vapore” , riporta alla mente un luogo dove nascono idee, concetti, relazioni che non attendono altro se non di essere messe in pratica, diffuse.
Terminata la visita mi sono permessa di approfittare della grande disponibilità di una delle due curatrici della mostra, Cristina Trivellin, che ha gentilmente risposto alle mie curiose domande rispetto all’ambito organizzativo e concettuale di una tale esposizione.
- L’evento “Milano in digitale II” è il secondo appuntamento di un festival nato l’anno scorso. Quali sono i motivi alla base della nascita di questa manifestazione?
“Il progetto era nel cassetto già da tempo. Nasce da un interesse e da una curiosità personale verso la cosiddetta new media art, e dal fatto che tra tantissimi concorsi in Italia non ce ne fosse uno specifico per i giovanissimi, dedicato interamente alle forme d’arte legate alle tecnologie; e poi ci interessava dare un’opportunità ai giovani artisti, ai protagonisti di domani.”
- L’organizzazione dell’evento ha necessitato di particolari accordi con la regione? Ad esempio, vi sono stati posti dei veti, avete avuto degli aiuti economici da parte di qualche ente pubblico o la vostra è un’associazione autonoma?
“In tutto il materiale divulgativo si legge “Con il patrocinio e il contributo di: Regione Lombardia, Comune di Milano, settore Tempo Libero. La Regione Lombardia e il Comune hanno contribuito quindi a sostenere economicamente il progetto”. Non ci sono stati posti veti, ma sicuramente i progetti devono rispettare alcuni parametri dati. La Fondazione D’Ars, promotrice dell’evento, è una onlus, è autonoma ma può ovviamente partecipare a bandi per l’ottenimento di fondi pubblici. E’ stato importante anche in questa seconda edizione, lo sponsor tecnologico da parte di un’azienda come Epson, che ha prodotto la mostra conclusiva dei vincitori alla Fabbrica del Vapore.”

I partecipanti hanno avuto altre esperienze artistiche prima di quella in questione?
“Si, la maggior parte dei partecipanti, anche se giovani e studenti, hanno avuto già altre esperienze artistiche, espositive prima di questa. I curricula dei vincitori vantavano già presenze in altre rassegne, nazionali e internazionali.”
- E’ stato difficile trovare partecipanti? Ci sono state delle selezioni?
“Sul nostro sito, www.milanoindigitale.it, è presente il bando di concorso; abbiamo ricevuto circa 300 progetti da tutta Italia…e qualcuno anche dall’estero, essendo il bando disponibile sul sito anche in versione inglese.”
- I lavori esposti in mostra dovevano rispettare un unico tema o la scelta era libera?
“lo scorso anno c’era un tema: Milano e i Giovani, quest’anno invece il tema era libero. Abbiamo fatto coincidere il lancio del bando con la tavola rotonda : Conversazione sulla New media art- sono stati i relatori stessi, che poi sono stati i giurati del concorso, a dettare le guide lines. Gli interventi dei relatori sono ancora ascoltabili sul nostro sito www.milanoindigitale.it”
- Siete rimaste soddisfatte dalla riuscita dell’evento?
“Si, possiamo ritenerci soddisfatte, anche se intendiamo naturalmente crescere…”
- Quale pensate sia l’impatto di questa manifestazione sul territorio e in generale sull’ambiente dell’arte?
“E’ una domanda difficile…forse prima di parlare di impatto sul territorio bisogna far si che queste forme d’arte vengano maggiormente divulgate.”
- Se ci saranno altre edizioni di questa manifestazione, chi volesse parteciparvi cosa deve fare? Occorrono prerequisiti specifici?
“Come al solito verrà aperto un bando. Basterà inviare un progetto o un render dell’opera, o video, o elaborazione, ecc. L’unico requisito richiesto è quello di avere meno di 35 anni.”
- I vincitori del concorso sono stati premiati con un workshop all’estero. Come mai è stata scelta questa tipologia di premio?
“Perché è quello che maggiormente manca ai giovani studenti italiani. “CIANT “ è una realtà importante a livello europeo. Lo scorso anno i vincitori hanno ottenuto un premio in denaro. La residenza all’estero era anche segnalata tra le direttive ministeriali per i giovani.”
Il workshop, organizzato a Praga da TransIStor, presso il “CIANT” (International Centre for Art and New Technologies), sarà un’opportunità per i tre vincitori di immergersi in un ambiente internazionale dove avranno la possibilità di confrontarsi con altri giovani artisti provenienti da realtà diverse da quella italiana.
Ringrazio molto Cristina Trivellin per la sua gentilezza e invito tutti a consultare il sito www.milanoindigitale.it per approfondire gli argomenti trattati nell’intervista.
Dopo aver visitato la mostra ho forse per la prima volta appreso in maniera più completa quali problemi implichi il realizzare un’opera d’arte digitale. Aver guardato, osservato, quasi studiato ogni cosa mi ha stimolato a riflettere su come possono essere state progettate e realizzate le opere esposte. Quello che all’apparenza potrebbe sembrare una cosa semplice e veloce da mettere in pratica spesso e volentieri necessita di mesi di ideazione, di progettazione e di lavoro per renderla ottimale all’esposizione. Anche le opere non interattive, come ad esempio le stampe digitali, rivelano un impegno profondo e ispirato, teso a riflettere il pensiero dell’artista e la sua concezione del messaggio da trasmettere.

Per concludere, mi sembra dovuto citare i vincitori e le motivazioni di tale loro vincita date dalla giuria del concorso dell’edizione 2007 :
“B-Light” di Headvision-Nadessja-Eniac: che configura una situazione di interattività in cui la tecnologia gioca un ruolo di complessa mediazione linguistica in un campo di grande interesse quale è la danza assistita dal computer;

“Cosa vuoi fare da grande?” di Stefano Gradaschi, Elena Mora,Giuseppe Scollo, Anna Bordignon: per lo sguardo partecipato ma straniato che è capace di proiettare su una delle più dense e dinamiche periferie milanesi (il quartiere Bovisa) grazie all’uso di un’animazione 2D stratificata e conflittuale con l’immagine cinematografica;

“Vedimi” di Marco Pucci, per la sapiente semplicità del concept interattivo, che mette in relazione il corpo e i movimenti del partecipante alla ricchezza e alla mutevolezza dei contenuti di rete, giocando un’intelligente partita fra la dimensione rappresentativa e quella performativa nell’esperienza digitale.

Alla fine di questa esperienza, vissuta grazie ad un progetto assegnatomi dal Professor Tommaso Tozzi, direttore del Dipartimento di Nuove Tecnologie dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, mi prospetto di riuscire a partecipare più attivamente a questo tipologia di eventi, che senza dubbio arricchiscono notevolmente il panorama artistico dei giovani artisti ma anche di coloro che hanno un background già molto ricco. Nessuno dovrebbe soffermarsi alle “vecchie tecnologie”. Ognuno di noi dovrebbe cercare di avvicinarsi il più possibile a quel nuovo panorama tecnologico che permette in maniera sempre più “accessibile” di creare cose nuove, di rivisitare quelle vecchie e di ampliare, perché no, la conoscenza del singolo.
Web bliografia:
www.milanoindigitale.it : sito ufficiale dell’evento.
Claudia Vanello

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Dafne Boggeri – Netmage 2008

studente
25 Feb 2009  

DAFNE BOGGERI: OPERE E POETICA

Sguardo al NETMAGE 2008 di Bologna:

L’ottava edizione di Netmage festival si è tenuta a Bologna nell’ultima settimana di Gennaio 2008, in concomitanza con Arte Fiera. Un Appuntamento internazionale dedicato alle arti elettroniche, Netmage ha presentato un programma multidisciplinare di opere che offrono un variegato scenario sulla ricerca audiovisuale contemporanea.

Il bando Live-Media Floor, sezione portante di Netmage 08, ha visto la partecipazione di oltre 200 progetti provenienti da 29 diverse nazioni da Europa, Asia, Americhe, Oceania. Le opere audio-visuali selezionate dalla commissione sono state eseguite dal vivo all’interno delle sezioni Live-Media Floor e Mangrovia.
Il programma del Live-Media Floor è stato inoltre arricchito dalla presenza di alcuni ospiti, invitati al di fuori del bando, a completamento di un World-scape visivo ed emozionale che riattraversa tecniche e territori dell’immagine-movimento contemporanea.

Costruito a partire dalle tracce più inquiete rilevate nel bando, l’intreccio delle tre serate si è differenziato nelle tonalità e nell’andamento. Il festival ha avuto inizio con un palinsesto eterogeneo ed esotista, costituito dagli interventi di: Anaisa Franco/Theo Firmo, artisti ispano/brasiliani che presentano una surreale animazione dal vivo, generata da un dispositivo robotico; Overground, duo basato in Norvegia costituito da Jade Boyd/Simona Barbera; la ‘fiction’ realizzata sulle colline hollywoodiane omaggio a Rebel without a cause dall’artista visiva Dafne Boggeri sonorizzata dal trio femminile berlinese cult nella scena queer elettronica Rhythm King & Her Friends; OLYVETTY : il nuovo progetto di environment audiovisuale del duo costituito da Riccardo Benassi e Claudio Rocchetti coprodotto del festival; Chelpaferro, infine, trio brasiliano di punta nella scene artistica internazionale (rappresentanti del padiglione brasiliano alla Biennale di Venezia nel 2005) connotato da un’intensa e riconosciuta attività in campo musicale e performativo con installazioni e live ambient noise.

La seconda giornata è stata aperta da tre interventi che segnalano il riverbero di estetiche noise in zone molto distanti del pianeta, con Ricardo Caballero dal Messico, emiter_franczak dalla Polonia, e Luka Dekleva/Luka Prinčič/Miha Ciglar dalla Slovenia. Un autentico confronto di virtuosisimo esecutivo contraddistingue invece i set di uno dei più eccentrici esecutori di Vj-ing al mondo, l’artista israeliano basato a Berlino Safy Sniper, e del batterista giapponese Dora Video. Incoraggiati dal festival ad una sorta di contest sul limite della relazione suono/immagine, hanno dato vita ad una furiosa tempesta di immagini video, mixate in diretta da macchinari decisamente singolari. Hanno in oltre partecipato l’eclettico dj set di chiusura dell’artista visiva messicana Julieta Aranda, presenza selezionata per Netmage 08 in collaborazione con il magazine Nero.
Ulteriore registro ancora, pur con feedback e affinità elettive con le serate precedenti la serata del terzo giorno si è aperta con due interventi di rielaborazione su rari repertori della cinematografia sperimentale degli anni ’60 e ’70. Partendo con il progetto Rev. 99 realizzato dal newyorkese 99 Hooker e commentato dalla suonatrice di Komungo tradizionale Jin Hi Kim dalla Corea del sud, intervento seguito dalla presentazione dello straordinario reperto audiovisivo di The Joshua Light Show, grande show di expanded cinema e ‘liquid light’ attivo a New York a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 che si accompagna eccezionalmente per Netmage ad un grande ritorno, quello della seminale band newyorchese di elettronica psichedelica Silver Apples. Animata da Joshua White, in collaborazione con Bec Stupak per le luci e Nick Hallett per i suoni, questa performance è uno dei cardini della scena controculturale e di sperimentazione sull’espansione della percezione nordamericana, ed ha accompagnato, fra gli altri, live di Greateful Dead, Jefferson Airplaine, The Who e performance di artisti visivi come Yaoi Kusama. Lo stile minimale di Silver Apples con i suoi beat pulsanti e le sue modalità frequentemente discordanti, ha anticipato non solo certa musica elettronica sperimentale e il krautrock degli anni ‘70 ma anche gran parte della musica dance underground e indie rock dei ‘90. Come le poche altre esperienze di expanded cinema dell’epoca, del Joshua Light è stato possibile ricostruire recentemente qualche traccia grazie alla mostra del Whitney Museum The summer of love. Segue un’altra importante anteprima, il live di Los Super Elegantes, coppia di artisti visivi/musicisti basata a Los Angeles che si distingue per la reinterpretazione di un immaginario musicale latino (al punto da entrare nelle chart nord e sudamericane) ed il fine lavoro, attraverso video, fotografie e performance, sulla rappresentazione ironica e straniata della figura dell’artista visivo contemporaneo.
In fine l’evento si è chiuso con un programma notturno in collaborazione con Il Cassero che ha proposto nuove sonorità berlinesi con Ben Klock e Paul Kalkbrenner.

Tra le novità della ottava edizione del festival abbiamo assistito all’apertura di una nuova sezione dedicata agli esiti più estremi ed eterocliti della sperimentazione elettronica, intitolata Mangrovia.
Mangrovia è un ‘mondo-pianta-giardino’ ma anche un luogo e una sequenza oraria all’interno del festival composto da eventi che abitano un ambiente dedicato ad un ascolto ora contemplativo ora tempestoso, dove, come in un ecosistema ricco e composito, le diversità di generazioni, di provenienze (musicisti, artisti e performer) e di ambiti (musica elettronica, elettroacustica, sound art e arti visive) si sono mescolati creando collaborazioni temporanee ed improvvisate.
Il flusso di interventi, prima in sequenza e poi in jam collaborativa, ha visto i live di Prurient, personaggio di culto della scena noise internazionale; di Demons, progetto audiovisivo radicale dell’artista video Alivia Zivich con Nate Young e Steve Kenney, rispettivamente di Wolf Eyes e di Isis (due band che hanno cambiato la storia recente della scena hardcore internazionale); ed infine del compositore Carlos Giffoni, animatore della scena noise USA e curatore del No Fun Festival di New York, con cui Netmage ha aperto una collaborazione ad hoc. Sempre in Mangrovia manipolazioni di cinema-concreto realizzate dal duo olandese Derek Holzer/Sara Kolster, dagli italiani Mylicon/EN e Nastro Mortal, così come inserti non programmatici e imprevedibili di Pita, figura di riferimento nella scena noise elettronica europea, fondatore delle label austriaco Mego, che si presenta assieme ai visual della vj austriaca Jade, e di altri artisti visivi a sorpresa.
Mangrovia ospiterà durante i tre giorni, anche l’installazione del team audiovisivo berlinese Visomat: un progetto di tridimensionalizzazione della superfice di proiezione, a partire da uno schermo prismatico, riplasmato dalle geometrie elettroniche di un computer. Sempre in Mangrovia, infine, da sottolineare come evento speciale la presentazione di Upic Diffusion (sessioni #16 e #17) a cura del duo Russell Haswell/Florian Hecker, due delle menti più radicali della scena musicale sperimentale alle prese con un tributo alla ricerca di Iannis Xenakis. L’Upic Diffusion è un coinvolgente e potentissimo live di suoni e silenzi, basato sul sistema messo a punto dal mitico architetto e compositore greco, presentato al pubblico con un dispositivo musicale multicanale che diffonde suoni in surround in contemporanea ad un travolgente spettacolo di luci strobo e al laser.

Il percorso percettivo del festival ha compresoe due opere installative che reintrepretano rispettivamente un ambiente sonoro e uno visivo.
Pneumatic Sound Field dell’artista olandese Edwin van der Heide ha accolto il pubblico nel cortile di Palazzo Re Enzo come un cielo di suono artificiale, costituito da 42 valvole pneumatiche che, tramite una serie di patterns ritimici creano una tessitura sono-spaziale a differenti velocità, direzioni e intensità.

Nella sezione performativa, Zapruder filmmakersgroup ha realizzato per il ciclo Daemon, il miraggio di un piccolo cinema anni ’20, in raso e seta plisettati, da cui si origina un gioco di continue mise en abîme tra dentro e fuori lo schermo. Attraverso la tecnica tridimensionale anaglifa, viene veicolato il concetto/ossessione di occhio (occhio cieco, accecato, occhio vorace, occhio rovesciato e bianco…). L’immagine filtrata attraverso appositi occhialini assume la qualità del basso rilievo, le superfici degli oggetti e dei corpi si arricchiscono di una nuova dimensione.

In ultimo è stato possibile assistere alla micro-performance Stillivingrooms di Mirco Santi e Andrea Belfi all’interno di una casa privata, solo su appuntamento. Un delicato gioco di immagini super-8 dagli archivi di film amatoriali di Home Movies: una antologia di interni domestici accompagnata dal vivo con suoni concreti ottenuti da oggetti della vita quotidiana.

Approfondimento sull’artista: Dafne Boggeri.

Dafne boggeri, artista visuale contemporanea, caratterizzata dell’utilizzo di più medium per la comunicazione espressiva: dalla musica elettronica e live alle riprese video di performance. Nasce a Tortona nel 1975, frequentò gli studi superiori dal 1990 al 1995 presso il Liceo Artistico Nicolò Barabino di Genova, per poi trasferirsi a Milano entrando alla scuola Politecnica di Design indirizzo Gestaltico terminando il corso di Visual Design in due anni. La preparazione e il perscorso formativo dell’artista è caratterizzao da due realtà distinte ma profondamente intrecciate nella sua poetica: una realtà riguardante l’esperienza didattica degli studi ed un’ altra nata nel 1990 come street wrighter. Da quell’anno fino al 2000, infatti, Dafne prese parte ad un movimento ancora poco conosciuto in Italia, una forma di subcultura artistica nata direttamente dalla strada, utilizzata come laboratorio, studio e vetrina. Questa forma di comunicazione “rivolta verso l’esterno” creava dinamiche dirette tra uomo e città tramite diverse forme di comunicazione ed interazione come appunto il wrighting, la danza, Mc il djing.
Come possiamo vedere dalle sue opere e come lei stessa afferma: “questa esperienza la considero come uno dei momenti piu’ formativi nel mio percorso”. Proprio per questo ritroviamo delle scelte espressive fortemente legate al mondo suburbano, come per esempio le riprese video di luoghi di Parigi o Los Angeles da angolazioni, punti di vista ed orari completamente inusuali, al fine di svelare le “molecole” che compongono l’organismo della metropoli: il vetro, il cemento, il metallo e la relazione che il singolo ha con esse.
Oppure l’interesse per il corpo come mezzo comunicativo, un corpo senza identità spesso celata da un capuccio di una felpa, o dal taglio della testa tramite l’inquadratura, che sceglie di esprimersi tramite silenziose azioni come passi di brekdance, o riproducendo la danza di un combattimento con il coltello, oppure attraversando parte della città di Parigi a bordo di una BMX.
Il desiderio di ricerca e sperimentazione in quegli anni porteranno l’artista a fondare assieme ad altri coetanei il gruppo Pornflakess, il primo collettivo queer italiano, un progetto basato sulla trasversalità sia teorica che pratica, coinvolgendo più persone in diversi ambienti autogestiti caratterizzati da un etica “umana”. Durante questo periodo di totale sperimentazione Dafne iniziò ad interessarsi alla video-performance, al mixaggio di musica electro ed a dare un nuovo punto di vista alla comunità omosessuale milanese, come l’artista stessa afferma: “troppo spesso omologata”.
Questa occasione di condivisione durò quattro anni, fu anche occasione di visibilita’ e ponte verso i primi progetti con curatori indipendenti e verso un percorso artistico personale che tenne conto di frequenti collaborazioni.
L’evoluzione e la crescita come figura “solista” vennero consolidati con “ASSAB 2004”, la prima mostra che le permise una residenza d’artista di sette mesi al Centre International d’Accueil et d’Echanges des Recollets di Parigi curata da Roberto Pino.
Quell’anno quindi, e questo personale importante evento segnarono effettivamente il cambio di sistema tramite cui entrare in contatto con la realtà esterna.

Descrizione delle opere principali:

-2006 / 12’ / “HIDDEN LINE ON EXPLICIT SURFACE N.01”

Video Performance centrata su un individuo esente da identità, coperto dal cappuccio di una felpa che crea un graffito tramite bombolette spray su di una superficie grezza di legno e cemento. La “potenza” dell’opera risiede nella scelta del colore per il graffito: un grigio molto simile a quello della superficie il quale diventa semplicemente ,essendo poco distinguibile dalla parete, un mezzo di collegamento tra l’aspetto gretto e materiale delle componenti della città ed il comportamento del corpo in relazione con queste.

-2005 / 2’19’’ / “ASH”

Unico elemento dell’azione è una bocca femminile con rossetto scarlatto, ripresa da un inquadratura sul particolare delle labbra mentre vengono strusciate dal dorso della mano.
Ciò porta quindi l’attenzione sul comportamento della bocca e dello spargersi del rossetto sulla parte inferiore del viso, quasi come a volersi ripulire dell’ornamento tramite un gesto autentico, naturale.
Una possibile gesto di ribellione verso il tipico stereotipo femminile contemporaneo.

-2005 / 2’ / “FAT/SOFT/NORMAL/SKINNY”

Ripresa di un corpo a tre quarti “decapitato” dell’inquadratura il quale, tramite l’interazione tra suono e azione, diviene bomboletta-spray conservando la morfologia umana agitandosi e procurando il rumore tipico della biglia metallica.

-2004 / 3’ / “I HAVE LOST MY…”

In quest’ opera l’artista affronta il tema della ricerca trasportandolo alla comunissima azione della ricerca sul proprio corpo o nei propri vestiti, infatti in questo video è rappresentata la solita figura inquadrata escludendo testa e parte delle gambe che cerca freneticamente qualcosa nei suoi vestiti. Questa azione di ricerca costringe la protagonista a spogliarsi dei vari indumenti che indossa dalla giacca alla felpa ad una maglia con cerniera etc, eliminando quindi i suoi “strati” più esterni per “scavare” se stessa al fine di trovare un qualcosa. Di conseguenza può apparire chiaro, semplificato, il tema dell’evoluzione e della scoperta interiore tramite la ricerca, reso quindi diretto, estremamente moderno, quasi consueto.
La performance si conclude con l’inserimento delle mani della protagonista nei suoi pantaloni, e con la comparsa di una scritta: “I have lost my… selfcontrol”.

INTERVISTA:

-Può parlarmi delle sue prime esperienze artistiche e di cosa le ha spinto nella direzione della videoarte e della performance?

Dal 1990 al 2000 ho dipinto come street writer, questa esperienza la considero come uno dei momenti piu’ formativi nel mio percorso. All’epoca questa subcultura era ancora sconosciuta in Italia e aver partecipato dagli esordi a qualcosa di cosi speciale, che coinvolgeva per la prima volta vari campi dell’esprssione creativa (danza, writing, MC, djing) ‘rivolti’ verso l’esterno, verso la strada intesa come laboratorio, studio, vetrina mi ha dato la possibilita’ di vivere intensamente lo spazio ‘intorno’ e condividere strategie simili. Questa esperienza mi porta a considerare spesso di interagire con aree ‘off’ degli spazi espositivi, di dialogare attraverso la rilettura di codici e feticci provenienti da questa e da altre subculture, di mettere il corpo spesso in prima linea, con una approccio ai media libero da schemi, devoto alle tecniche d.i.y./low-fi, che racconta la trasformazione d’identita’, oggetti, parole, situazioni nell’instabile lettura della realta’ che ci circonda.

-Quanto sono stati utili ed incidono attualmente nella sua arte i passati studi presso la scuola politecnica di Design a Milano?

L’esperienza che porto ancora dentro e’ una, collaterale agli studi. Il direttore dell’istituto, che era una persona molto interessante con un grave handicap all’udito e quindi con la conseguente difficolta di esprimersi oralmente, era un grande studioso della teoria della Gestalt (indirizzo sotto cui era il mio corso) e osservare da vicino la sua passione per le forme e il colore mi fa costantemente pensare a quanta forza l’arte e le sue utopie possano generare.

-Dato che utilizza lo strumento video nelle sue opere e vista la sua facilità di diffusione nella rete, cosa pensa riguardo al copyright, al concetto di condivisione e alle reali possibilità di riutilizzo modificato dei contenuti condivisi?

Penso al testo degli anni 30′ di Walter Benjamin :“L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilita tecnica’ o piu’ recentemente al concetto di Postproduction di Nicolas Bourriaud, all’appropriazione del linguaggio pubblicitario della Pop Art come al cut and paste di Richard Prince o al remix concettuale dell’artista Johnathan Monk rispetto alla storia dell’arte o a Candice Breitz rispetto alla storia del cinema e alla musica. Tutti questi riferimenti per cercare di spiegare che anche al di fuori di internet il crash fra immaginari e idee si stratifica, forse tutto e’ iniziato con i collage della Bauhaus…” Credo sia giusto avere una normativa che tuteli il diritto d’autore anche su internet, ma con delle mediazioni. Bisogna considerare che il sistema dell’arte contemporanea è diverso da quello della musica o del cinema, nel sistema dell’arte la firma è ancora un fattore che determina il vero dal falso. Personalmente credo sia importante accreditare il materiale pubblicato su internet e cercare di azzerare i gradi di separazione fra autore e opera linkandoli nel modo più preciso possibile. Amo confidare nella deontologia di chi usa il medium, penso ad esempio alla dinamica di alcuni blog che svolgono un incredibile lavoro di informazione alternativa, altrimenti impossibile da raggiungere… Rispetto all’arte credo che lo spazio “dove finisce l’omaggio’ e inizia il ‘plagio’ sia un territorio talmente relativo alle precise circostanze che sia impossibile da individuare in generale ma che vada valutato ogni volta nello specifico, tenedo conto del corpo del lavoro ‘poetica’ di ogni artista.”

-Ci può parlare dell’importanza della musica dal vivo nei lavori artistici, in particolar modo in riferimento alla sua performance al Netmage, e al lavoro con il gruppo “Rhytm King & Her Friends”?

Non e’ una pratica nuova dall’esperienza da John Cage in avanti, spesso si assiste a concerti di artisti (Martin Creed) o musicisti in art space o ha mostre di musicisti (Lou Reed, Kim Gordon, Patty Smith…) o ancora di artisti che si esprimono rielaborando il linguaggio e l’immaginario musicale come Christian Marclay. In questo senso penso che l’arte contemporanea e la musica continuino a dialogare con momenti di sperimentazione molto interessanti. Un esempio di questa contaminazione e’ Pauline Boudry, componente del gruppo berlinese “Rhythm King & Her Friends”, che oltre ad essere musicista e’ anche artista (Swiss Art Awards 2007, Basilea).

-Puoi parlarmi della finalità poetiche dell’opera realizzata al Netmage di Bologna?

‘You can wake up now, the universe has ended’ e’ il titolo del progetto che le “Rhythm King & Her Friends” (parte audio) ed io (parte video) abbiamo presentato a Netmage 08. Lo spunto per la traccia video nasce dal film del ‘55 Rebel Withou a Cause, la parte video e’ stata realizzata a Los Angeles durante una residenza di tre mesi all’inizio del 2007, prima di partire ho riguardato molte volte il film per cercare di memorizzare la scena in cui i protagonisti si sfidano all’osservatorio del Griffith Park con coltelli a serramanico in una lotta che ho sempre paragonato ad una danza. Volevo tornare in quel luogo e ripetere la scena, occultare con una felpa con il cappuccio la mia identita’ e scontrarmi con un nemico immaginario utilizzando un pettine a serramanico, cioe’ quasi del tutto simile ad un coltello ma del tutto innocuo, in un luogo ’simbolo’, trampolino, da cui ti rendi conto di quanto immensa e disorientante sia la citta’… questa sequenza rappresenta la parte centrale del video per netmage, la parte performativa in cui i movimenti rallentati del corpo diventano una coreografia che si accompagna perfettamente alla musica electroacustica delle RK&HF. A questo materiale sono state unite altre immagini che disorientano l’osservatore e che si ancorano ad alcuni punti del film originale… alla fine, del film c’e’ solo il sospetto circondato da piccole ossessioni e dalla danza immaginaria al Griffith Park. Volevo che una volta finito tutto si avesse l’impressione di essersi risvegliati da un sogno, di aver visto luoghi familiari ma fantastici. Le riprese sono state fatte con diversi apparecchi fotografici digitali e questa scioltezza low-fi e’ un aspetto importante del lavoro. Dal vivo a Bologna e’ stata la nostra prova generale, avevo consegnato alle RK&HF solo una traccia in progress del video e a Netmage abbiamo voluto conservare quella sorpresa ‘anche per noi’, come in un ‘blid date’. Volevamo che l’approccio fosse piu’ fisico rispetto al solito schema in cui dj e vj stanno statici dietro la consolle, cosi ci siamo inserite sul palco in modo che potessimo vederci a vicenda e seguire la parte che ogniuno aveva sotto controllo, Pauline al sintetizzatore/drum machine, Lina alla chitarra elettrica, io con il laptop.

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Mara Mascaro e le sue regine virtuali

studente
23 Feb 2009  

Mara Mascaro propone il suo sito www.virtualqueens.net all’esposizione tenutasi nel mese di novembre del 2008 presso il centro espositivo di Milano “la Fabrica del Vapore” dal nome “Milano in Digitale” (seconda edizione), rassegna caratterizzata da diverse installazioni multimediali e nuovi progetti telematici tra i quali animazioni e siti internet come quello della medesima.
Www.virtualqueens.net è un sito che ha come protagonista l’autrice stessa, Mara Mascaro.
continue reading "Mara Mascaro e le sue regine virtuali"

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Indice Teatro Danza Sperimentale

tommaso
29 Feb 2008  

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mercantia 2007

Teatro danza sperimentale
29 Feb 2008  

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The ball in the hole

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  

An Interactive Installation by Kysucix & Xname (Simone Galliani_Eleonora Orreggia)

Concept:
The ball in the hole is easy and fun.
Using a colorful ball you can delete your projected image to see what (or who) is in the hole.
You’ll enter a journey where you can understand and reveal the other through the erasure of the self. The person behind the hole will appear to disappear again. The emphasis is on the line separating and connecting the visual to the concrete world. The ball and the hole. The person’s movement is his deletion.
The ball in the hole is a social installation/performance where the user becomes the actor of metamorphosis. The discovering of the self and the legendary mirror to other dimensions is experienced through a real-time tactile digital environment.
The Alter is someone else, and the deformation shown is a constant force that the user can apply to his virtual figure.
The image becomes fragile and shows its temporary value. The reflection of identity, reality and representation becomes a playful, intimate and dislocated game of drawing and deleting limits and borders.
Description
The Ball in The Hole is an interactive video installation, running on GPL homemade software.
Two rooms are showing a sort of projected mirror, where the user can see and recognize himself.On the floor there is a spiral, containing a luminescent ball. When the user grabs the ball, spontaneously attempting to play with it, the projected mirror will start erasing, showing the other room. The ball will work on the video as a rubber on a pencil drawing. The two rooms / spaces are symmetrical.
After the complete erasure of the image, the mirror will show the remote room only. At this point the ball will have the capability to erase the other person / space / video, and this deletion of the Alter will correspond to the redrawing of the Self.
The process continues endlessly rendering the installation a social happening where the user becomes the main character of an improvised performance.

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Danza sperimentale

Teatro danza sperimentale
28 Feb 2008  

Fino a tempi recenti la storiografia della danza in Italia ne ha privilegiato lo studio come arte visiva in riferimento a eventi spettacolari e figure di artisti di spicco, mostrando nel complesso la tendenza a vedere i processi e i cambiamenti in corso come tutti interni alla storia della danza, storia tra le storie invece che storia dentro la storia. Altri sguardi su altre fonti conducono alla consapevolezza che in epoche e in luoghi diversi le culture di danza si esprimono in modi e forme diversi a seconda delle strategie politico-culturali delle istituzioni nel regolare pratiche e consuetudini che, a loro volta, determinano i mutamenti nei gusti della società. Passi significativi verso una storia culturale della danza sono stati compiuti grazie agli studi sulle tradizioni popolari, agli strumenti di indagine offerti dall’antropologia culturale e sociale e alla centralità data al corpo da Foucault, dal femminismo e dagli studi in genere. Queste nuove prospettive di studio hanno ricollocato la danza, intesa come forma espressiva, all’interno di un sistema culturale rivelandone il ruolo di elemento dell’interazione sociale strettamente connesso ai programmi educativi, alle pratiche di conservazione della salute, alle dinamiche di genere, agli indicatori di status, all’addestramento militare e all’eucinetica del lavoro.

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